martedì 29 dicembre 2009

Il senso dei numeri


Ad un anno esatto dall’emissione del bando (19 dicembre 2008), il MIUR ha pubblicato un elenco (quasi completo) dei progetti FIRB “Futuro in Ricerca” che passano la prima fase di valutazione! L’estrema lentezza del lavoro di cernita è stata giustificata dal Ministero (nota del 3/11/09) con la necessità vi vagliare ben 3.792 progetti (linea 1- ricercatori precari: 1804 progetti; linea 2 – ricercatori strutturati: 1988 progetti). Si ricorda nella stessa nota che “La complessiva richiesta finanziaria ammonta a circa 2,9 miliardi di euro, a fronte di una disponibilità attuale di 50 milioni di euro (passibile di aumento)”. Questo significa che, mediamente solo l’1,72% dei progetti sarà finanziato (passibile di aumento – sic!). Siccome la richiesta media per progetto è di circa 765.000 euro, passeranno circa 65 progetti se finanziati in pieno (e non avrebbe senso sottofinanziarli). L’elenco dei progetti che hanno passato la prima selezione (c’è ancora un 20% da valutare) ne conta 162.

Questi numeri fanno una certa impressione: a fronte dello straordinario potenziale progettuale espresso, il ministero elargisce una miseria. Per i nostri ricercatori (e per favore non chiamateli giovani! L’età MEDIA dei proponenti è di 30,3 anni per i precari e di 35,1 anni per gli strutturati), il senso di frustrazione è enorme. In un mondo ideale in cui questo è uno dei tanti modi per farsi finanziare un progetto di ricerca, una selezione che fa passare 1 progetto ogni 60 potrebbe essere anche accettabile. Siamo, invece, nel meno perfetto dei mondi in cui il MIUR decurta senza alcun criterio di scelta, il già magrissimo finanziamento ordinario alle università. Con la conseguenza di costringerci a tagliare (vedi bilancio preventivo 2010) il già miserrimo contributo alla ricerca (meno stanziamenti ai dipartimenti, meno contributo alla ricerca (ex 60%), meno cofinanziamento dei progetti di ricerca, meno contratti ed assegni di ricerca, e via elencando). Ed ad oggi non si hanno notizie dei PRIN 2008, anch'essi banditi un anno fa.

Se proprio avessimo bisogno di una controprova della qualità dei nostri ricercatori, possiamo notare come la nostra università si sia piazzata bene: 3 progetti selezionati su 162 che hanno passato al prima fase. Quasi il 2% a fronte di un nostro peso molto inferiore sul complessivo università+enti di ricerca.

Siamo quindi di fronte all’ennesimo danno nei confronti di quanti contribuiscono a difendere un punto di forza del nostro Ateneo: i ricercatori, spesso precari, che con capacità, intelligenza e spirito di sacrificio stanno lottando per un loro futuro (che amaro contrasto con il titolo propagandistico del programma FIRB!).

Dobbiamo, quindi, trovare il modo di non unire al danno acclarato, la beffa! Lo stanziamento che la nostra università riceverà dai fondi del “Riciclaggio di stato del danaro sporco” (leggi: scudo fiscale) previsti in finaziaria, quelli che riusciremo a risparmiare con un’azione decisa sul risparmio energetico, devono essere destinati a colmare questi vuoti. Si faccia subito un censimento dei progetti FIRB presentati, si renda pubblica la loro valutazione (mi risulta che non siano passati progetti a cui il panel internazionale di peer reviewer ha attribuito un punteggio di 36/40!), e si investa sui migliori!

martedì 22 dicembre 2009

696

Un post sul sito dei ricercatori precari segnala che i posti per il reclutamento di ricercatori per effetto del Decreto Mussi non saranno né 4000 né 2000 ma soltanto 696!
C'è nel post anche un link ad una tabella sul sito del MIUR (che stranamente non trovo direttamente dal sito MIUR) da cui risulta che all'UniCal spettano 13 posti.
Alleluja!

giovedì 17 dicembre 2009

Nota e notizia

  • I fondi "Mussi" per il Reclutamento dei Ricercatori
Sta circolando la notizia (vedi quiqui e qui) del prossimo sblocco dell'ultima trance dei fondi "Mussi" dedicati all'assunzione di nuovi ricercatori. I 40 milioni previsti dovrebbero essere sufficienti per l'assunzione di 900 ricercatori. Molti temono che i tagli (vedi sotto) effettuati possono indurre le Università ad incamerare i fondi per ripianare i bilanci.


  • Nel sito del MIUR è riportata la seguente notizia

CAMERA DEI DEPUTATI:
- Il Governo ha posto la questione di fiducia (15 dicembre) sull'approvazione, senza modifiche, dell'articolo 2 del  disegno di legge finanziaria (AC  2936), nel testo licenziato dalla V Commissione (l'art. 1 è già stato approvato). Gli articoli del ddl di bilancio (AC 2937) sono stati approvati senza modifiche dall'Assemblea.  Fra le modifiche introdotte dalla  V Commissione al ddl finanziaria, è  stata definita la destinazione delle risorse derivanti dal cosiddetto scudo fiscale, fra cui 400 milioni di euro per l'incremento del fondo di finanziamento ordinario delle università, e sono stati incrementati gli incentivi alle imprese che svolgono attività di ricerca, sotto forma di credito d'imposta. Con emendamenti approvati al senato, è stata prevista una autorizzazione di spesa di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 e 20 milioni per il 2012 per l'incentivazione di progetti coordinati dal CNR e dall'ENEA in aree svantaggiate, e un finanziamento di 7 milioni di euro a favore dei collegi universitari legalmente riconosciuti per lo svolgimento di attività culturale.

In sintesi, grazie al buoncuore dei criminali che approfittando dell'azione di riciclaggio messa in atto con lo Scudo Fiscale, il taglio si dovrebbe ridurre da 700 milioni a 300 milioni. Ho provato a leggere il DDL di bilancio (AC 2937 - Tabella 7) ma non sono riuscito a scovare la fonte di tale notizia. Attendo aiuti.

lunedì 7 dicembre 2009

Informazione e partecipazione



La polemica contro il DDL Gelmini riguarda anche il fatto che al suo interno è stabilito che l’amministrazione dell’Università sia affidata almeno in parte a forze esterne. Questo fa il paio con una struttura complessiva del DDL che pone nelle mani dei professori ordinari tutti i momenti decisionali ed in maniera particolare il reclutamento dei ricercatori e il loro avanzamento di carriera. La propaganda ripete che questo è un provvedimento che strapperà le Università al potere dei baroni proprio quando la consegna nelle loro mani.

A proposito del concorso nella gestione di persone esterne che abbiano, si dice nel disegno di legge, comprovata competenza in campo gestionale, non possiamo che notare come è già stato visto l’effetto di questo taglio aziendalista nella gestione di pezzi dello stato. E’ già stata affidata a manager di nomina politica la gestione di alcuni servizi pubblici con il risultato che si è espanso il potere decisionale degli apparati di partito ed il servizio è peggiorato. In un territorio come il nostro, poi, questo significa correre il rischio di aprire la porta ai grandi potentati economico-mafiosi, che da noi la fanno da padroni, o ad una certa politica clientelare e collusa.

Totalmente opposte erano le idee alla base della nascita della nostra Università e che ritroviamo nel suo primo statuto (sarebbe un buon esercizio rileggerlo anche se è vecchio di circa quarant’anni). Già dall’inizio, fra gli elementi innovativi nella nostra Università c’era, oltre alla residenzialità e la nascita dei dipartimenti, l’introduzione della democrazia interna, fino a quel momento sconosciuta. Per la prima volta, tutte le figure all’interno dell’università furono chiamate a partecipare alle decisioni di interesse collettivo.

Ma la partecipazione democratica alle scelte è cosa delicata: bisogna conoscere i termini delle questioni, studiare, approfondire. I limiti della Democrazia risiedono proprio nel fatto che senza un’adeguata conoscenza dei fatti, dei rapporti di forza, dei motori economici e degli interessi, una cosciente partecipazione non ha luogo. Quindi, si può minare in egual modo la Democrazia sia riducendo degli spazi di partecipazione che limitando l’accesso all’informazione. Entrambe queste azioni sono foriere di soluzioni in cui il potere rimane di un’oligarchia, non automaticamente illuminata perchè scelta fra i più alti in grado, capace soltanto di gestire l’informazione ed approfittare di ogni possibile sbavatura per limitare la partecipazione.

Questa cosa è così sottile che un collega, quarantenne come me, ha affermato che non bisogna permettere agli assegnisti di ricerca di partecipare e votare nei consigli di dipartimento perché facilmente ricattabili. Siamo arrivati all’assurdo di affermare che non bisogna informare e ne far partecipare alle decisioni le persone che stanno nei nostri laboratori e che, evidentemente, rappresentano il meglio dei nostri lavoratori della conoscenza, che producono e spingono in alto la qualità della nostra ricerca. Quando si tratta di permettere loro di esprimere un’opinione ci si ferma, calpestando la loro dignità. Nulla può far cambiare idea ai valvassori ed ai servi della gleba di questo potere medievale, neanche il fatto che spesso le decisioni riguardano proprio il futuro di quelli a cui non concedono il diritto di parola.

Il DDL Gemini prefigura una duplice riduzione della possibilità che l’Università sia un luogo vivo e partecipato, un luogo in cui si sa, si pensa, si discute, si prendono decisioni. Se volessimo un’Università diversa ci basterebbe spostarci in quella privata in cui legittimamente l’organizzazione interna può essere in mano di pochi, in cui le decisioni devono essere prese a favore della proprietà.

Dipende quindi da noi fare in modo che l’Università resti un luogo in cui non ha residenza una visione feudale della gestione.

domenica 6 dicembre 2009

Adesione allo sciopero FLC

Aderisco allo sciopero delle lavoratrici e dei lavoratori della conoscenza proclamato per il prossimo 11 dicembre 2009 dalla FLC - CGIL per rispondere all'attacco legislativo/finanziario/culturale del governo.
Questo è un primo passo necessario ma non sufficiente. Siamo, al solito, costretti sulla difensiva anche se non mancano le idee per contrattaccare con un'idea nuova di Università.


martedì 1 dicembre 2009

Aggiornamenti dall'Osservatorio di Rino Falcone

Date un'occhiata alle ultime novità che ci comunica Rino Falcone (di solito ben informato).


  • (Non) Novità sugli 80 M€ per il reclutamento dei ricercatori (Reclutamento Mussi)
  • Questione PRIN
  • Fondo FIRST
  • Tagli 2010

e altro ancora.

LINK

domenica 29 novembre 2009

Distinguere il grano dal loglio

In attesa di …
Dopo quasi due mesi dalle elezioni e ad un mese dalla fine dell’anno, io e gli altri consiglieri eletti siamo ancora in attesa di partecipare ad un Consiglio di Amministrazione. A dire tutta la verità, siamo già stati convocati per le riunioni delle commissioni Centro Residenziale, Edilizia e Bilancio ma, non essendo state formalmente costituite in sede di Consiglio, le stesse si stanno riunendo per discutere e valutare senza poter deliberare. Sarebbe a dire: “informalmente”.
Forse non c’è fretta, forse riusciremo in un solo mese ad aver chiaro il quadro del bilancio preventivo 2010 che il Rettore sta predisponendo e che ci proporrà dopo aver sentito il Senato Accademico. Magari basterà una sola seduta del Consiglio per valutare la proposta nonostante questa volta si tratti di un taglio d’inaudita ampiezza per la nostra Università.

Servire una tremontata in salsa brunetta?
Ridurre uniformemente del 30% ogni spesa è impossibile oltre che una riproposizione dell’iniquo modus operandi per fare cassa in uso al nostro Governo. Un’impossibilità che non sta nei numeri, naturalmente, ma in un’aperta dichiarazione d’incapacità a gestire che non ci possiamo permettere. Per prima cosa, questo taglio è solo il primo: la legge 133/08 continuerà a produrre i suoi effetti fino al 2013! E’ quanto mai necessario, a mio parere, discutere ampiamente di quale futuro vogliamo per l’UniCal e soltanto dopo potremo dotarci di una ratio per  affrontare strutturalmente la questione “tagli”. Dalle discussioni che si stanno svolgendo nel nostro ateneo stanno emergendo una serie di idee su come affrontare la questione: razionalizzare l’offerta didattica, adottare un piano risparmio energetico efficace, individuare e ridurre sprechi, adottare un piano di austerità interna, rafforzare le strutture di supporto alla progettualità ed al raccordo con l’esterno e così via. E, per tradurre concretamente la nostra idea antitetica di razionalizzazione della spesa, dobbiamo imparare a distinguere quello che funziona da quello che non va, quello che ci permetterà di sopravvivere alla tempesta tremontina mantenendo la qualità, da quello che già oggi non è affatto difendibile, anche facendo una giusta dose di autocritica.

I primi destinati a cadere
Non dobbiamo dimenticare che, comunque la si metta, a subire le conseguenze di eventuali politiche maldestre saranno soprattutto i non tutelati: i ricercatori e i docenti precari, gli studenti. I primi perché i tagli al capitolo Ricerca ridurrebbero gli stanziamenti per “ricercatori a tempo determinato”, “assegni di ricerca” e “contratti di ricerca”. Aggiungiamo che la mancanza di fondi di cofinanziamento per progetti farebbe diminuire drasticamente la possibilità di trovare i fondi per il proprio sostentamento rispondendo a molti bandi regionali, nazionali ed europei. I tagli sul capitolo Didattica ridurrebbero drasticamente il numero di contratti di insegnamento ed esercitazione oltre ai tutoraggi. L’ulteriore decremento dei fondi alle biblioteche renderebbe anche più ardua la possibilità di svolgere nonostante tutto il proprio mestiere di ricercatore/didatta. Insomma, non bisognerà aspettare l’applicazione del DDL Gelmini per vedere la fine dei nostri precari! Dall’altro lato, agli studenti toccherà vedere di colpo diminuire le possibilità di scelta per la loro formazione (eppure avevano scelto la nostra università in base alla sua offerta!) e, prima o poi, a qualcuno verrà la tentazione di far cassa aumentando le tasse (o diminuendo i servizi).

Una modesta proposta
Farò, quindi, al Consiglio prossimo una modesta proposta: invitiamo una delegazione dei precari ed ascoltiamoli prima di procedere nella disamina della proposta rettorale. Gli studenti in Consiglio siedono già ed avranno modo di far valere la loro opinione, ma non i nostri lavoratori senza voce.

Ma, allora, ci sta bene?
Affrontare e dirimere queste questioni è però solo la prima faccia della medaglia. Far fronte ai tagli imposti in maniera razionale è doveroso ma lo è altrettanto affermare con tutta la forza che abbiamo che è SCRITERIATO e straordinariamente STUPIDO affrontare la questione dell’istruzione superiore in Italia chiudendo i rubinetti.  Ma di questo avremo modo di parlarne… nelle sedi opportune a partire dalle imminenti mobilitazioni.

mercoledì 11 novembre 2009

Punti programmatici



Punti programmatici

Il Consiglio di Amministrazione che stiamo per rinnovare dovrà assumere una serie di importanti decisioni che, affiancandosi a quelle relative alla vita amministrativa del nostro Ateneo, contribuiranno a definire cosa sarà domani l’Università della Calabria. Il susseguirsi di note e documenti programmatici ministeriali, la mancanza di una trasparente discussione sugli assetti fondamentali dei prossimi interventi ed il rallentamento della macchina amministrativa complessiva del MIUR, ci pongono in una condizione di precarietà e disagio.
In questo momento, più che in altri, c’è necessità di attestarsi su alcuni punti strategici da trasformare in nuovi assetti facendo leva sulla nostra autonomia decisionale.
1)    Governance. In primo luogo, saremo coinvolti nella definizione dell’organizzazione del sistema che presiede al governo dell’Ateneo che passa sotto il nome di Governance. Questa profonda ristrutturazione potrà portare ad una reale evoluzione se permetterà di abbandonare le sclerotiche strutture stratificatesi nel passato e la moltiplicazione di centri decisionali sovrapposti. Inevitabilmente, le linee guida per un tale cambiamento, da attuare a partire da subito, sono:
a.     Semplificazione e razionalizzazione. Gli organi di governo centrali e decentrati potranno essere ridisegnati per ridurre fortemente la complessità dei processi decisionali all’interno dell’Ateneo. A tale esigenza si risponde, a partire dal basso, con una riorganizzazione complessiva che, superando le attuali forme (Facoltà, Corsi di Laurea, Dipartimenti e Centri), si fondi sulle Aree di aggregazione su base scientifica. Le forme di tali aggregazioni e il loro potere decisionale sulle attività di ricerca e didattiche, dovranno necessariamente nascere da un ampio dibattito all’interno dell’Ateneo. Di conseguenza, anche il vertice della struttura di governo sarebbe a questo punto semplificato.
b.     Trasparenza e responsabilità. La nuova organizzazione interna dovrebbe rendere più chiari i percorsi decisionali e le responsabilità. Si inserisce in questo quadro la discussione sul ruolo del “Nucleo di valutazione” e la possibilità di definizione chiara dei criteri analitici, Area per Area, su cui basare il suo operato. Proprio su questi è necessario aprire il più ampio confronto nella nostra categoria e, soprattutto, all’interno dell’Ateneo non tralasciando nessun ricercatore dai Professori Ordinari ai precari della ricerca e della didattica.
c.     Autonomia. Si può quindi cogliere questa occasione per ri-tradurre il principio di autonomia a partire dal centro e fino alle strutture periferiche. Il ruolo del Rettore e degli organismi centrali di gestione possono quindi essere bilanciati dalla giusta dose di autonomia delle Aree di aggregazione. L’obiettivo collaterale è che autonomia e semplificazione possano liberare delle risorse da dedicare a ricerca e didattica.
d.     Ricerca e didattica. Un profondo ripensamento dell’interconnessione fra didattica e ricerca è una necessaria conseguenza di quanto predetto. Si dovranno, infatti, disegnare le forme che dovrà assumere la trasmissione della conoscenza fondata sulla ricerca in vista del superamento delle attuali Facoltà fornendo al tempo una spinta verso una fertile interdisciplinarietà. Questo intervento radicale non può essere lasciato come una delega in bianco alla commissione ristretta di otto persone prevista dalle note ministeriali sulla Governance ma dovrà coinvolgere quanti nell’Università si occupano di ricerca e didattica ed hanno voglia di contribuire.
e.     Confronto con gli altri atenei. Il nostro percorso dovrà comunque essere armonicamente inserito nel contesto italiano ed europeo. Dovremo quindi partecipare attivamente al dibattito nazionale sulle nuove forme di governo ed organizzative senza arroccarci o, al contrario, adeguarci a dictat calati dall’alto.
2)    Allocazione delle risorse. Nel navigare a vista in tempi di sostanziali tagli indiscriminati all’Università, grande attenzione deve essere dedicata alla gestione delle risorse provenienti dal Fondo di Finanziamento Ordinario. Anche in questo caso, vi è la necessità di mettere in pratica il principio di trasparenza sulla base di criteri condivisi. Bisogna quindi stabilire:
a.     I criteri di ripartizione su valutazione del contributo alla produzione scientifica e didattica.
b.     I giusti pesi in modo da non penalizzare la ricerca di base di qualità.
c.     Un criterio per la crescita armonica fra strutture per la ricerca e per la didattica.
d.     Un metodo operativo per la razionalizzazione della spesa corrente a partire dall’energia.
e.     Un percorso per la riduzione della precarietà e la razionalizzazione degli investimenti in assegni di ricerca e contratti di insegnamento adottando al loro posto, per esempio, l’assunzione a tempo determinato di ricercatori.
3)    Rilancio del “Campus” UniCal. Il nostro Ateneo, sin dalla sua nascita, ha avuto una forte spinta propulsiva nel suo carattere di struttura integrata di didattica, ricerca e attività sociali e di accoglienza. Questa sua prerogativa è da valorizzare e rinforzare se vogliamo affermarci come punto d’attrazione per ricerca e didattica sul piano nazionale ed internazionale. Bisogna quindi trovare i mezzi per ampliare e qualificare maggiormente l’offerta di una struttura ricettiva per gli studenti, i dottorandi e tutti i ricercatori che la nostra Università riuscirà ad attrarre. La crescita delle strutture per l’accoglienza deve necessariamente accompagnarsi ad un aumento della qualità della vita nel nostro campus in cui i servizi a sostegno dei lavoratori e degli studenti crescano per qualità e quantità.
4)    Rinnovare, rafforzare e rilanciare il rapporto con la Regione Calabria e gli altri enti locali.  Il rapporto costruito fra l’UniCal, attraverso il Liaison Office, e la Regione Calabria sull’Accordo di Programma Quadro nell’ambito dell’intervento PON/POR dimostra come si possa operare in questo ambito in maniera strutturata facendo emergere notevoli capacità progettuali. E’ quindi necessario dotarsi di strumenti operativi sempre più incisivi per aumentare il coinvolgimento del nostro Ateneo nello stimolo e nello sviluppo di azioni di scambio con le istituzioni presenti sul territorio. Non bisogna, inoltre, perdere di vista la necessità di un forte coordinamento con le altre Università regionali in modo da far prevalere azioni verso un sistema universitario regionale integrato su quelle di duplicazione e sovrapposizione dell’offerta formativa.
5)    Risorse aggiuntive. Il rafforzamento degli strumenti per supportare la progettualità in collaborazione con l’esterno (istituzionale, accademico e produttivo) è anche di primaria importanza nel reperimento di risorse aggiuntive.
6)    Responsabilità condivise. Si osserva il rinvigorirsi di una tendenza elitaria nella gestione dei processi decisionali nell’Università arrivando, per esempio, a prevedere commissioni di soli docenti ordinari per il reclutamento dei ricercatori. Vi è, invece, la necessità di rivedere i meccanismi per la rappresentanza e l’assunzione di responsabilità di governo degli organismi, riequilibrando fra le componenti l’accesso a tali ruoli.
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