venerdì 4 febbraio 2011

Amaramente

Vi ripropongo il mio intervento al CdA che si è occupato della designazione della Commissione per lo Statuto. I fatti li conoscete e sono pronto a discuterli con chi ne ha voglia e trarre le dovute conseguenze, in ogni momento. Non vi nascondo la mia profonda frustrazione.

Intervento iniziale alla seduta del CdA del 2.2.2011

Cari colleghi, 
sono al tempo stesso spaventato e stimolato dal compito a cui siamo chiamati. Con l’entrata in vigore dell’osteggiata legge 240/2010, parte un forzato iter di riscrittura del nostro Statuto e, successivamente, dei regolamenti. La legge, infatti, ci impone nuove strutture organizzative e di gestione lasciando a noi il compito su come meglio adattare i dettami legislativi al nostro caso. 
Siamo quindi difronte alla necessità di rivisitare il nostro Statuto, risultato di anni di lavoro, in soli 6 mesi. Il compito è immane se vogliamo mettere mano in maniera armonica e trasparente alle regole dell’autogoverno, disegnando un’equilibrata suddivisione dei compiti con i necessari contrappesi. Il discorso si allarga necessariamente a come salvaguardare e far avanzare le conquiste di democrazia interna e partecipazione che hanno visto questo Ateneo all’avanguardia fin dalla sua istituzione così come il modello di campus che abbiamo con molta fatica costruito.  
Punti altrettanto cruciali sono il dover ridisegnare le regole per la costituzione e l’azione didattica e di ricerca dei dipartimenti, costruire un modello di coordinamento per la didattica, stabilire quali siano i luoghi della rappresentanza e chi vi prende parte. 
Senza voler anticipare il mio pensiero in merito, ritengo che questa sia una sfida da cogliere per far avanzare, nei limiti imposti dalla legge 240, il nostro peculiare modello di Università trovando, laddove è necessario, le forme opportune per non rinunciare ad esso.
Come primo compito, oggi iniziamo con l’iter che porterà alla costituzione della commissione che a norma dell’art.2 comma 5, dovrà redigere una bozza che il senato accademico approverà dopo che il CdA avrà fornito il suo parere favorevole. 
Molti organi dell’UniCal, coordinamenti ed assemblee si sono espressi in merito e da questi pronunciamenti emergono significativi tratti di univocità delle richieste. Sulla base dei documenti approvati, si può affermare, senza tema di smentita, che una grande maggioranza degli universitari concordi sui seguenti punti qualificanti:
1. ampia consultazione dell’intero Corpo Accademico sulle line guida per la definizione della composizione della commissione e del suo successivo lavoro;
2. necessità di identificare in via preliminare obiettivi, criteri ed orientamenti generali che devono ispirare la stesura del nuovo statuto;
3. definire i meccanismi di trasparenza e “ascolto” delle diverse componenti dell’ateneo durante i lavori di stesura della bozza.
4. necessità di salvaguardare un equilibrato apporto di tutte le componenti e delle aree disciplinari alla composizione della commissione.


Ci si pongono quindi i classici interrogativi: “Chi ?”, “Cosa ?” e “Come ?” 


Chi. A mio parere, la condivisibile richiesta di equilibrio nella composizione si dovrebbe estendere alla necessità di affiancare ai portatori di esperienza anche chi difetta in essa ma è portatore di nuove idee. Non credo sia una questione anagrafica e non sono così drastico da chiedere che non debba far parte della commissione chi andrà in pensione nei prossimi cinque anni, ma non reputo sostenibile l’esclusione da questo lavoro di chi nella nostra università ripone le sue attese di una futura piena valorizzazione della sua attività di ricerca e didattica.* 
E’ quindi il caso di mettere in moto un meccanismo di indicazione delle candidature a far parte della commissione che attraverso la più ampia consultazione, permetta di formare una rosa di nomi di persone di alto profilo fra cui il nostro consiglio scelga a scrutinio segreto i membri della commissione. Era auspicabile che questa avvenisse  in seduta comune con il Senato Accademico ma stamattina quest’ultimo ha deciso autonomamente e legittimamente di metterci davanti al fatto compiuto della designazione di metà della commissione senza un preventivo scambio di opinioni su obiettivi e metodologie. Circa la ripartizione fra le componenti (anche se non trovo quella corporativa la maniera ottimale di procedere) un’ipotesi equilibrata dovrebbe prevedere una equipartizione fra ordinari, associati e ricercatori (al pari di quanto avvenuto con la applicazione della legge 168/89) riconoscendo, inoltre, la “necessità della” ed il “diritto alla” partecipazione dei ricercatori precari (ricercatori TD, contrattisti ed assegnisti) e del personale tecnico amministrativo.


Cosa. Il mandato da fornire alla commissione è necessariamente ampio. 
La costituzione dei nuovi dipartimenti, per prima cosa, non sarà semplice da normare: si dovrà rivedere il meccanismo di aggregazione degli stessi che, con la 382/80 avveniva su basi volontarie dal basso. La scelta se delineare dipartimenti tematici o disciplinari o, ancora, mega-dipartimenti non è un neutrale argomento tecnico: la nuova Unical ne sarà fortemente condizionata, soprattutto per l’erogazione della didattica, per il reclutamento e la valutazione. 
Altrettanto importanti sono le scelte sulla struttura dei coordinamenti ed il loro effettivo peso: si va dalla possibilità di coordinamenti leggeri (al limite uno soltanto per tutto l’ateneo) all’estremo opposto in cui si vorrebbe riproporre le attuali facoltà. 
Molte preoccupazioni sono rivolte alla riscrittura delle regole per garantire la democrazia interna e la partecipazione. La legge non mette limiti molto stretti e noi possiamo agire per garantire un ampio diritto a sapere e partecipare. Saremo quindi di fronte alla scrittura di regole e, necessariamente, di contrappesi in modo che non si verifichi nessuna deriva dirigista e accentratrice.
Infine, il nostro peculiare sistema campus dovrà essere rivisto nella sua gestione ed operatività in modo da mantenerlo e rafforzarlo. 


Come. Ritengo necessario e, perfino, imprescindibile non dare una delega in bianco alla commissione ma fornire linee guida sugli argomenti prioritari. E questo, oltre che per un corretto rapporto fra organi, anche per una ragione molto pratica: il risultato dei lavori della commissione stessa dovrà essere condiviso dalla comunità accademica ed approvato da CdA e SA. 
Ancor più, sarà necessario che i lavori della commissione avvengano in modo trasparente in stretto contatto con gli organismi che la designeranno e con l’ateneo tutto. Non ci troveremo così, nell’imminenza della scadenza, con un documento sconosciuto da approvare pena l’arrivo di una commissione ministeriale.
Sarebbe fortemente auspicabile che accanto ad una serie di appuntamenti da calendarizzare fra Commissione Statuto e Senato Accademico Integrato, vi siano dei momenti di riflessione collettiva su temi fondanti: sistema campus; diritto allo studio; struttura dipartimentale; struttura dell’offerta didattica; … , in modo che la pratica dell’”ascolto” da parte della commissione trovi concreta attuazione.

* A questo proposito ho avuto modo di aggiungere in un successivo intervento:
Ritengo che la partecipazione alla commissione di un rappresentante dei ricercatori precari, parte essenziale del personale accademico, sia necessario. La loro esperienza (spesso lunga ed articolata essendo la loro età accademica estesa anche fino a 20 anni) contribuisce con un punto di vista peculiare ed essenziale: la struttura in tutte le sue articolazioni vista dal basso.

lunedì 31 gennaio 2011

Deliberatamente


Confesso che sono al tempo stesso spaventato e stimolato dal compito a cui siamo chiamati. Con l’entrata in vigore dell’osteggiata legge 240/2010, parte un forzato iter di riscrittura del nostro Statuto e dei regolamenti. La legge, infatti, ci impone nuove strutture organizzative e di gestione lasciando a noi il compito su come meglio adattare i dettami legislativi al nostro caso.
Intanto continuo a raccogliere documenti e delibere che danno voce al nostro ateneo. Mi pare che ci sia la giusta consapevolezza del momento... speriamo bene.
Ecco i documenti che mancavano in "Aftermath".


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