domenica 24 aprile 2011

Incartati

Il balletto delle cifre continua: quanti dipartimenti? Quanti direttori in senato accademico? Qual è il numero minimo per formare un dipartimento? A 80 giorni dall’apertura delle danze, siamo al niente di fatto. Nessuna modifica allo statuto è stata deliberata dalla commissione ed anche il processo di autoriorganizzazione interna non ha portato ad un risultato tale da sbloccare la situazione. Da un lato il Rettore ed i Presidi a voler un numero limitato di dipartimenti (10) e dall’altro la necessità di non bloccare i numeri (12? 13? 14?) per portare a termine il progetto di riorganizzazione guidato dagli attuali direttori. Questo che sembra un gioco fra opposte visioni, sta bloccando l’elaborazione delle modifiche allo statuto. Se gli interessi, legittimi o meno, che stanno alla base del contendere continueranno a ostacolare ogni avanzamento, la commissione avrà la necessità di correre ai ripari in fretta mettendo mano all’immane sequenza di norme da ridefinire (struttura e ruolo del S.A. e del C.d.A., processi decisionali, designazione/elezione degli amministratori e dei ‘senatori’, …) per sfuggire alla tagliola dell’azione dei commissari ministeriali.

Verrebbe da chiedere, come faceva Gene Gnocchi, “Cui prodest?”. Io non cedo alla facile tentazione della dietrologia e, nel caso, tengo per me le risposte alla domanda. Mi associo però a chi ora vuole ripartire con la discussione sullo statuto e lasciare che il processo di riorganizzazione abbia il suo tempo per trovare maturazione (abbiamo tempo fino a dopo la sua approvazione da parte del ministero).

Chiedo quindi ai membri della commissione di andare avanti con le altre questioni perché non credo sia un bene per l’ateneo che la commissione elabori in fretta le modifiche che l’attuale CdA deve approvare. Avverto, da consigliere, il pesante rischio di trovarmi di fronte a modifiche poco discusse e condivise o, peggio ancora, non condivisibili con l’aggravante della mancanza dei tempi supplementari. A meno che si voglia dar fondo al processo degenerativo della democrazia rappresentativa: la delega non solo ad essere rappresentati e governati ma anche a decidere.
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