In attesa di …
Dopo quasi due mesi dalle elezioni e ad un mese dalla fine dell’anno, io e gli altri consiglieri eletti siamo ancora in attesa di partecipare ad un Consiglio di Amministrazione. A dire tutta la verità, siamo già stati convocati per le riunioni delle commissioni Centro Residenziale, Edilizia e Bilancio ma, non essendo state formalmente costituite in sede di Consiglio, le stesse si stanno riunendo per discutere e valutare senza poter deliberare. Sarebbe a dire: “informalmente”.
Forse non c’è fretta, forse riusciremo in un solo mese ad aver chiaro il quadro del bilancio preventivo 2010 che il Rettore sta predisponendo e che ci proporrà dopo aver sentito il Senato Accademico. Magari basterà una sola seduta del Consiglio per valutare la proposta nonostante questa volta si tratti di un taglio d’inaudita ampiezza per la nostra Università.
Servire una tremontata in salsa brunetta?
Ridurre uniformemente del 30% ogni spesa è impossibile oltre che una riproposizione dell’iniquo modus operandi per fare cassa in uso al nostro Governo. Un’impossibilità che non sta nei numeri, naturalmente, ma in un’aperta dichiarazione d’incapacità a gestire che non ci possiamo permettere. Per prima cosa, questo taglio è solo il primo: la legge 133/08 continuerà a produrre i suoi effetti fino al 2013! E’ quanto mai necessario, a mio parere, discutere ampiamente di quale futuro vogliamo per l’UniCal e soltanto dopo potremo dotarci di una ratio per affrontare strutturalmente la questione “tagli”. Dalle discussioni che si stanno svolgendo nel nostro ateneo stanno emergendo una serie di idee su come affrontare la questione: razionalizzare l’offerta didattica, adottare un piano risparmio energetico efficace, individuare e ridurre sprechi, adottare un piano di austerità interna, rafforzare le strutture di supporto alla progettualità ed al raccordo con l’esterno e così via. E, per tradurre concretamente la nostra idea antitetica di razionalizzazione della spesa, dobbiamo imparare a distinguere quello che funziona da quello che non va, quello che ci permetterà di sopravvivere alla tempesta tremontina mantenendo la qualità, da quello che già oggi non è affatto difendibile, anche facendo una giusta dose di autocritica.
I primi destinati a cadere
Non dobbiamo dimenticare che, comunque la si metta, a subire le conseguenze di eventuali politiche maldestre saranno soprattutto i non tutelati: i ricercatori e i docenti precari, gli studenti. I primi perché i tagli al capitolo Ricerca ridurrebbero gli stanziamenti per “ricercatori a tempo determinato”, “assegni di ricerca” e “contratti di ricerca”. Aggiungiamo che la mancanza di fondi di cofinanziamento per progetti farebbe diminuire drasticamente la possibilità di trovare i fondi per il proprio sostentamento rispondendo a molti bandi regionali, nazionali ed europei. I tagli sul capitolo Didattica ridurrebbero drasticamente il numero di contratti di insegnamento ed esercitazione oltre ai tutoraggi. L’ulteriore decremento dei fondi alle biblioteche renderebbe anche più ardua la possibilità di svolgere nonostante tutto il proprio mestiere di ricercatore/didatta. Insomma, non bisognerà aspettare l’applicazione del DDL Gelmini per vedere la fine dei nostri precari! Dall’altro lato, agli studenti toccherà vedere di colpo diminuire le possibilità di scelta per la loro formazione (eppure avevano scelto la nostra università in base alla sua offerta!) e, prima o poi, a qualcuno verrà la tentazione di far cassa aumentando le tasse (o diminuendo i servizi).
Una modesta proposta
Farò, quindi, al Consiglio prossimo una modesta proposta: invitiamo una delegazione dei precari ed ascoltiamoli prima di procedere nella disamina della proposta rettorale. Gli studenti in Consiglio siedono già ed avranno modo di far valere la loro opinione, ma non i nostri lavoratori senza voce.
Ma, allora, ci sta bene?
Affrontare e dirimere queste questioni è però solo la prima faccia della medaglia. Far fronte ai tagli imposti in maniera razionale è doveroso ma lo è altrettanto affermare con tutta la forza che abbiamo che è SCRITERIATO e straordinariamente STUPIDO affrontare la questione dell’istruzione superiore in Italia chiudendo i rubinetti. Ma di questo avremo modo di parlarne… nelle sedi opportune a partire dalle imminenti mobilitazioni.
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