venerdì 27 maggio 2011

Lavori in corso

Intervento in CdA del 25/05/2011 presentato da Lello Agostino e Paolo Pugliese

Note e commenti sulle Proposte di modifiche di Statuto approvate dalla Commissione nella seduta del 18 maggio 2011

Ex Art. 2.3 – Il Senato Accademico

1. La modifica prevede che il Rettore presieda il Senato Accademico. Nella nuova formulazione della gestione dell’Ateneo, il Rettore dispone di ampi poteri e partecipa di diritto ai lavori del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione. La divisione degli ambiti fra i tre organi assegna al Senato Accademico il ruolo di ‘legislatore’ su una serie di settori ed al Consiglio di Amministrazione il compito di ‘esecutivo’. In una sana divisione dei poteri all’interno dell’Ateneo, sarebbe opportuno che il Senato Accademico fosse presieduto da un membro eletto al suo interno (in maniera simile a quanto avviene nel Parlamento nei regimi democratici) escludendo esplicitamente il Rettore dall’elettorato passivo mentre è evidente che lo stesso presieda il Consiglio di Amministrazione.
Si risolverebbe altresì la questione relativa a un potenziale conflitto d’interessi: infatti il Senato Accademico può “proporre al corpo elettorale con maggioranza di almeno due terzi dei suoi componenti una mozione di sfiducia al Rettore…”.

2. La previsione di 7 direttori di Dipartimento eletti su un totale di 21 membri del Senato Accademico si può considerare un modello da variare nel caso in cui le esigenze di efficacia ed efficienza nella gestione trovino un diverso equilibrio con il diritto di rappresentanza: si può passare a 6/19 (organismo più snello) fino a 8/25 (adeguata rappresentanza di tutte le componenti). In quest’ultimo caso avremmo: 8 direttori di Dipartimento, 9/10 docenti/ricercatori, 2/3 PTA, 4 studenti/dottorandi.

3.a Fornendo un’interpretazione della norma conforme alla realtà dei fatti, al dettato della legge 240 nonché della precedente legge Moratti, si può intendere per docenti sia i professori che i ricercatori. Si riconoscerebbe in questo modo l’apporto alla didattica degli attuali ricercatori universitari a tempo indeterminato (non a caso definiti “Professori aggregati” quando svolgono tali compiti) nonché dei futuri ricercatori universitari a tempo determinato del tipo (a) e (b).
3.b Una norma transitoria potrebbe garantire agli assegnisti (di fatto dei ricercatori universitari a tempo determinato del tipo (a)) di far parte del corpo elettorale attivo.

4. Il corpo docente così configurato potrebbe eleggere i suoi rappresentanti sia attraverso un meccanismo di rappresentanza di fascia che come un unico corpo elettorale (passivo ed attivo). Quest’ultima soluzione potrebbe garantire maggiore possibilità di scelta dei singoli ed aprire la possibilità di dinamiche rappresentative meno “sindacalizzate” e proiettate verso l’auspicabile superamento della divisione in fasce della docenza universitaria.

5. Bisognerebbe in ogni caso stabilire se i direttori di Dipartimento possano essere elettorato passivo anche nella quota destinata ai docenti. Nel caso positivo, vi è la possibilità di avere tutti i direttori di Dipartimento in Senato Accademico se, chi non è eletto in quota “direttori”, ottiene un consenso sufficiente nel confronto con gli altri candidati.

Ex Art. 2.4 Consiglio di Amministrazione.

1. Pareri del Senato Accademico per il Consiglio di Amministrazione. I pareri che il Senato Accademico deve esprimere per il Consiglio di Amministrazione in materia di programmazione di didattica, ricerca, diritto allo studio, patrimonio edilizio, …, sono al momento definiti in maniera generica e quindi non hanno nessun connotato di obbligatorietà né di vincolo per il Consiglio di Amministrazione. E’ necessario stabilire il giusto contrappeso all’ampio potere affidato al Consiglio di Amministrazione e al Rettore in tali ambiti garantendo al Senato Accademico un ruolo di indirizzo maggiormente vincolante per l’azione del Consiglio di Amministrazione.

2. Bisogna definire i casi per l’adozione della decretazione d’urgenza in modo da evitare l’esautoramento delle funzioni proprie del Consiglio di Amministrazione.

3. Vi sono una serie di controindicazioni riguardo alla designazione dei cinque membri che le modifiche prevedono siano nominati dal Rettore e presentati all’atto della formalizzazione della sua candidatura:
a)    Non vi è alcuna forma di bilanciamento nella costituzione del Consiglio di Amministrazione: 6 membri su 10, fra cui il Rettore, costituirebbero una solida maggioranza che per sei anni disporrebbe di fatto di un ampissimo potere sull’intera vita accademica. Tale prospettiva potrebbe portare ad accordi elettorali sulla base della capacità dei singoli candidati nel listino rettorale a convogliare voti e non sulle capacità richiamate nel testo di legge. Questo meccanismo, pur suffragato dal voto, limita la gestione democratica dell’Ateneo abolendo concretamente ogni forma di tutela delle minoranze elettorali e non garantendo la qualità gestionale e scientifica dei membri del Consiglio di Amministrazione. Poiché la norma prevede una “designazione o scelta degli altri componenti, secondo modalità previste dallo statuto, tra candidature individuate, anche mediante avvisi pubblici, tra personalità italiane o straniere in possesso di comprovata competenza in campo gestionale ovvero di un'esperienza professionale di alto livello con una necessaria attenzione alla qualificazione scientifica culturale”, un’ipotesi alternativa (anche se non l’unica possibile) potrebbe prevedere un meccanismo, similmente a quanto adottato da altre università, in cui la scelta del Rettore avvenga su una lista di candidati, presentati da un numero minimo di elettori, le cui competenze fossero vagliate da un organismo terzo. Al fine di garantire l’adeguato compensazione al largo potere di cui disporrà il futuro Consiglio di Amministrazione, tale scelta dovrebbe essere approvata dal Senato Accademico a maggioranza.
b)   Relativamente all’individuazione dei due membri per i quali è stabilito che non siano appartenenti ai ruoli dell’Ateneo da almeno tre anni, si dovrebbe intendere tutto il personale che ha avuto rapporti di dipendenza, consulenza, collaborazione ed incarico a vario titolo con l’UniCal. Non è giustificabile, altrimenti, la restrizione di tale norma al solo personale docente.
c)    Il meccanismo della sfiducia individuale valido per il Rettore dovrebbe essere esteso ai singoli consiglieri con maggioranza semplice, in maniera analoga alla sfiducia individuale che il Parlamento può esprimere sui Ministri del Governo.
d)   Le norme per le pari opportunità dovrebbero essere più stringenti; si può pensare ad un limite inferiore del tipo “ciascun genere non deve essere rappresentato da un numero inferiore a 4 consiglieri”.


Ex art. 3.1 Strutture dell’Università

1. Alla luce delle decisioni sulla composizione del Senato Accademico, dove sarà eletta solo una rappresentanza dei direttori di Dipartimento, è superata la necessità di porre il limite massimo al numero di Dipartimenti. La doppia limitazione (numero minimo di afferenti e numero massimo di Dipartimenti) appare ridondante ed ingesserebbe la dinamica del nostro Ateneo agli attuali assetti.

2. Il numero minimo di afferenti ad un Dipartimento dovrebbe essere fissato, fra l’altro, per garantire la stabilità dei dipartimenti e non metterli a rischio chiusura. Allo stesso modo si potrebbe prevedere un numero massimo oltre il quale è difficile ci siano i necessari presupposti di omogeneità culturale. Se, in via del tutto ipotetica, tali numeri fossero fissati in 43 e 90, il numero dei dipartimenti potrebbe variare fra 9 e 20. Un numero alto, oltre 15, richiederebbe una impossibile suddivisione a tavolino del personale nei vari dipartimenti. In ogni caso, già la riorganizzazione in atto dimostra che, ragionevolmente, il numero degli stessi si fermerebbe a 13 con un numero medio di appartenenti di circa 65 unità.
Il meccanismo di proliferazione avrebbe così un solo reale vincolo: la validità del progetto scientifico e didattico della struttura da costituire. E’ su questo che sarebbe necessario ragionare piuttosto che su vincoli di numero che non hanno nessuna ricaduta diretta sulla qualità dell’offerta formativa e della ricerca. E’ quindi prioritario stabilire quali siano i meccanismi per il funzionamento dei dipartimenti in termini di incardinamento dei SSD e dei corsi di laurea. Eviteremmo così di escludere dalla nuova suddivisione dipartimentale, alcune realtà che, rispettando i limiti di numerosità di legge, hanno (ed hanno sempre avuto) un ruolo di eccellenza nella ricerca, nella didattica (soprattutto di base), nel trasferimento tecnologico e nel rapporto con il territorio contribuendo in modo significativo alla qualità complessiva dell’UniCal.
E’ auspicabile, quindi, lasciare che il processo riorganizzativo dell’Ateneo continui trovando i tempi ed i modi giusti, ed iniziare da subito a discutere della funzione dei dipartimenti, della loro organizzazione, delle modalità operative con cui tradurre il rapporto fra didattica e ricerca, della funzione di formazione di base ed avanzata (dalle triennali alle scuole di dottorato), dei meccanismi di afferenza dei singoli, del reclutamento e dell’avanzamento di carriera, dell’incardinamento dei SSD, dei rapporti fra dipartimenti. Solo quando saranno chiari questi elementi si potrà chiedere ai singoli l’afferenza ad una struttura di cui, oltre a condividere il progetto culturale, conosceranno regole ed organizzazione.

3. Nel paragrafo dedicato alla costituzione delle ‘strutture di raccordo’ si dovrebbe definire quali siano i compiti specifici non previsti dalla legge e su quali fondi e strutture possono contare.

Ipotesi di norma transitoria:

1. Conflitto di interessi. Nessun membro degli organi di governo attualmente in carica (Senato Accademico e Consiglio di Amministrazione) e della Commissione per la revisione dello statuto potrà far parte, in prima costituzione, dei nuovi organi di governo.

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