mercoledì 29 giugno 2011

Come un sasso nello stagno

Riporto la delibera della prima assemblea aperta sulle modifiche proposte finora allo statuto da parte della commissione. Al di là del contenuto, che pure è denso, quello che trovo tanto buono da esser insperato è che a tale risultato siamo arrivati al termine di un confronto sereno, aperto e partecipato. Finalmente.

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Deliberato, unanime, dell’assemblea convocata dai 222 firmatari del documento “Per discutere del nostro futuro prossimo” tenutasi il 22 giugno 2011

L’assemblea ribadisce con forza, a quasi cinque mesi dall’avvio del processo, le perplessità sul metodo di lavoro sin qui adottato e la forte preoccupazione riguardo al possibile esito finale del lavoro in corso per la stesura del nuovo statuto dell’Università della Calabria espresse nel documento “Per discutere del nostro futuro prossimo” che è stato sottoscritto da oltre 220 membri della comunità universitaria.

In particolare, l’assemblea chiede alla Commissione per la riforma dello statuto di rivedere alcune delle decisioni assunte sin qui, e al Senato Accademico ed al Consiglio di Amministrazione di esprimersi sin d’ora sulla opportunità che esse siano modificate.

L’assemblea ha individuato tre questioni prioritarie su cui chiede che vengano riviste le decisioni assunte. Esse sono relative a:
(a) Dipartimenti;
(b) Senato Accademico;
(c) Consiglio di Amministrazione.

Dipartimenti

L’assemblea chiede:

1. che venga eliminato il vincolo sul numero massimo di Dipartimenti che possono essere attivati;

2. che venga prevista una soglia minima di docenti e ricercatori al di sotto della quale il Dipartimento viene automaticamente disattivato significativamente più bassa (ad esempio 40) di quella minima necessaria perché un Dipartimento possa essere attivato (50).

La decisione di attivare o disattivare un Dipartimento non può essere basata esclusivamente sulla sua numerosità.

L’assemblea chiede:

3. che venga introdotta la norma che ciascun Dipartimento debba definire un progetto delle attività didattiche e scientifiche che intende realizzare e dei risultati, oggettivamente verificabili, che intende conseguire e che tale progetto venga sottoposto ad un processo di valutazione. Nel caso in cui tale valutazione dovesse essere negativa, il Senato Accademico sarà chiamato ad esprimersi sullo scioglimento del Dipartimento.

Inoltre, l’assemblea chiede:

4. che - a prescindere dal processo di definizione del nuovo statuto e dalle attività di valutazione in essere interne (NIV) ed esterne in fieri (ANVUR) - il Senato Accademico ed il Consiglio di Amministrazione deliberino l’immediata attivazione di un sistema permanente di ateneo di valutazione delle attività didattiche, scientifiche ed amministrative, che operi sulla base di criteri e di obiettivi predeterminati e condivisi.

Senato Accademico

L’assemblea chiede:

5. che il Senato Accademico non possa essere presieduto dal Rettore;

6. che lo statuto non rimandi tale materia a successive regolamentazioni, ma (i) individui le aree scientifico-disciplinari che la composizione del Senato è chiamata a rispettare nelle aree CUN, e (ii) specifichi norme elettorali tali da assicurare una rappresentanza nel Senato di tali aree scientifico-disciplinari proporzionale al numero di docenti e ricercatori dell’ateneo che vi ricadono;

7. che lo statuto preveda per l’elezione dei membri del Senato diversi dai Direttori di Dipartimento, dagli studenti e dal personale tecnico-amministrativo un elettorato attivo e passivo unico che coincide con l’insieme dei professori ordinari, associati e ricercatori dell’ateneo, definendo norme elettorali che garantiscano il soddisfacimento del vincolo previsto dalla legge che almeno due terzi dei membri del Senato siano “docenti di ruolo”.

Consiglio di Amministrazione

L’assemblea esprime grande preoccupazione per le possibili implicazioni in termini di rappresentatività, qualità ed efficacia del governo dell’ateneo delle decisioni assunte sin qui dalla Commissione per la riforma dello statuto relativamente alla designazione o alla scelta dei membri del Consiglio di Amministrazione.

L’assemblea chiede:

8. che la designazione o la scelta dei membri del Consiglio di Amministrazione non avvenga attraverso la definizione di “listini” da parte dei candidati alla carica di rettore, ma che tale designazione o scelta sia realizzata successivamente all’elezione del rettore attraverso meccanismi che garantiscano un’equilibrata distribuzione delle responsabilità tra i diversi organi di governo dell’ateneo e le esigenze di funzionalità del Consiglio di Amministrazione.

Infine, l’assemblea chiede:

9. che la Commissione per la formulazione della proposta di riforma dello statuto si impegni a completare i lavori entro il 30 settembre, in modo da garantire un tempo adeguato per una serena ed efficace valutazione della proposta per il nuovo statuto, non solo da parte degli organi chiamati ad approvarla o respingerla, ma anche da parte della comunità universitaria.

martedì 31 maggio 2011

Prova d'appello

Mi tocca segnalare una prima iniziativa che invoca una riflessione collettiva sulla piega che ha preso la stesura delle proposte di modifica di statuto elaborate dalla commissione per l'UniCal. E' un appello che vede come primi firmatari alcuni componenti del gruppo Unicalduemilaventi e non solo. Anch'io ho sottoscritto il documento nel quale potrete trovare eco delle posizioni che ho reso pubbliche sulpost precedente.
In sole 24 ore l'appello di Unicalduemilaventi ha ricevuto più di 120 adesioni, di cui 73 registrate sul sito web del gruppo di lavoro.
La visione dell'appello e la sua sottoscrizione sono possibili all'indirizzo
http://unical2020.it/#view=object&format=object&id=280/gid=151
cliccando su "sottoscrivi" in fondo alla pagina.

venerdì 27 maggio 2011

Lavori in corso

Intervento in CdA del 25/05/2011 presentato da Lello Agostino e Paolo Pugliese

Note e commenti sulle Proposte di modifiche di Statuto approvate dalla Commissione nella seduta del 18 maggio 2011

Ex Art. 2.3 – Il Senato Accademico

1. La modifica prevede che il Rettore presieda il Senato Accademico. Nella nuova formulazione della gestione dell’Ateneo, il Rettore dispone di ampi poteri e partecipa di diritto ai lavori del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione. La divisione degli ambiti fra i tre organi assegna al Senato Accademico il ruolo di ‘legislatore’ su una serie di settori ed al Consiglio di Amministrazione il compito di ‘esecutivo’. In una sana divisione dei poteri all’interno dell’Ateneo, sarebbe opportuno che il Senato Accademico fosse presieduto da un membro eletto al suo interno (in maniera simile a quanto avviene nel Parlamento nei regimi democratici) escludendo esplicitamente il Rettore dall’elettorato passivo mentre è evidente che lo stesso presieda il Consiglio di Amministrazione.
Si risolverebbe altresì la questione relativa a un potenziale conflitto d’interessi: infatti il Senato Accademico può “proporre al corpo elettorale con maggioranza di almeno due terzi dei suoi componenti una mozione di sfiducia al Rettore…”.

2. La previsione di 7 direttori di Dipartimento eletti su un totale di 21 membri del Senato Accademico si può considerare un modello da variare nel caso in cui le esigenze di efficacia ed efficienza nella gestione trovino un diverso equilibrio con il diritto di rappresentanza: si può passare a 6/19 (organismo più snello) fino a 8/25 (adeguata rappresentanza di tutte le componenti). In quest’ultimo caso avremmo: 8 direttori di Dipartimento, 9/10 docenti/ricercatori, 2/3 PTA, 4 studenti/dottorandi.

3.a Fornendo un’interpretazione della norma conforme alla realtà dei fatti, al dettato della legge 240 nonché della precedente legge Moratti, si può intendere per docenti sia i professori che i ricercatori. Si riconoscerebbe in questo modo l’apporto alla didattica degli attuali ricercatori universitari a tempo indeterminato (non a caso definiti “Professori aggregati” quando svolgono tali compiti) nonché dei futuri ricercatori universitari a tempo determinato del tipo (a) e (b).
3.b Una norma transitoria potrebbe garantire agli assegnisti (di fatto dei ricercatori universitari a tempo determinato del tipo (a)) di far parte del corpo elettorale attivo.

4. Il corpo docente così configurato potrebbe eleggere i suoi rappresentanti sia attraverso un meccanismo di rappresentanza di fascia che come un unico corpo elettorale (passivo ed attivo). Quest’ultima soluzione potrebbe garantire maggiore possibilità di scelta dei singoli ed aprire la possibilità di dinamiche rappresentative meno “sindacalizzate” e proiettate verso l’auspicabile superamento della divisione in fasce della docenza universitaria.

5. Bisognerebbe in ogni caso stabilire se i direttori di Dipartimento possano essere elettorato passivo anche nella quota destinata ai docenti. Nel caso positivo, vi è la possibilità di avere tutti i direttori di Dipartimento in Senato Accademico se, chi non è eletto in quota “direttori”, ottiene un consenso sufficiente nel confronto con gli altri candidati.

Ex Art. 2.4 Consiglio di Amministrazione.

1. Pareri del Senato Accademico per il Consiglio di Amministrazione. I pareri che il Senato Accademico deve esprimere per il Consiglio di Amministrazione in materia di programmazione di didattica, ricerca, diritto allo studio, patrimonio edilizio, …, sono al momento definiti in maniera generica e quindi non hanno nessun connotato di obbligatorietà né di vincolo per il Consiglio di Amministrazione. E’ necessario stabilire il giusto contrappeso all’ampio potere affidato al Consiglio di Amministrazione e al Rettore in tali ambiti garantendo al Senato Accademico un ruolo di indirizzo maggiormente vincolante per l’azione del Consiglio di Amministrazione.

2. Bisogna definire i casi per l’adozione della decretazione d’urgenza in modo da evitare l’esautoramento delle funzioni proprie del Consiglio di Amministrazione.

3. Vi sono una serie di controindicazioni riguardo alla designazione dei cinque membri che le modifiche prevedono siano nominati dal Rettore e presentati all’atto della formalizzazione della sua candidatura:
a)    Non vi è alcuna forma di bilanciamento nella costituzione del Consiglio di Amministrazione: 6 membri su 10, fra cui il Rettore, costituirebbero una solida maggioranza che per sei anni disporrebbe di fatto di un ampissimo potere sull’intera vita accademica. Tale prospettiva potrebbe portare ad accordi elettorali sulla base della capacità dei singoli candidati nel listino rettorale a convogliare voti e non sulle capacità richiamate nel testo di legge. Questo meccanismo, pur suffragato dal voto, limita la gestione democratica dell’Ateneo abolendo concretamente ogni forma di tutela delle minoranze elettorali e non garantendo la qualità gestionale e scientifica dei membri del Consiglio di Amministrazione. Poiché la norma prevede una “designazione o scelta degli altri componenti, secondo modalità previste dallo statuto, tra candidature individuate, anche mediante avvisi pubblici, tra personalità italiane o straniere in possesso di comprovata competenza in campo gestionale ovvero di un'esperienza professionale di alto livello con una necessaria attenzione alla qualificazione scientifica culturale”, un’ipotesi alternativa (anche se non l’unica possibile) potrebbe prevedere un meccanismo, similmente a quanto adottato da altre università, in cui la scelta del Rettore avvenga su una lista di candidati, presentati da un numero minimo di elettori, le cui competenze fossero vagliate da un organismo terzo. Al fine di garantire l’adeguato compensazione al largo potere di cui disporrà il futuro Consiglio di Amministrazione, tale scelta dovrebbe essere approvata dal Senato Accademico a maggioranza.
b)   Relativamente all’individuazione dei due membri per i quali è stabilito che non siano appartenenti ai ruoli dell’Ateneo da almeno tre anni, si dovrebbe intendere tutto il personale che ha avuto rapporti di dipendenza, consulenza, collaborazione ed incarico a vario titolo con l’UniCal. Non è giustificabile, altrimenti, la restrizione di tale norma al solo personale docente.
c)    Il meccanismo della sfiducia individuale valido per il Rettore dovrebbe essere esteso ai singoli consiglieri con maggioranza semplice, in maniera analoga alla sfiducia individuale che il Parlamento può esprimere sui Ministri del Governo.
d)   Le norme per le pari opportunità dovrebbero essere più stringenti; si può pensare ad un limite inferiore del tipo “ciascun genere non deve essere rappresentato da un numero inferiore a 4 consiglieri”.


Ex art. 3.1 Strutture dell’Università

1. Alla luce delle decisioni sulla composizione del Senato Accademico, dove sarà eletta solo una rappresentanza dei direttori di Dipartimento, è superata la necessità di porre il limite massimo al numero di Dipartimenti. La doppia limitazione (numero minimo di afferenti e numero massimo di Dipartimenti) appare ridondante ed ingesserebbe la dinamica del nostro Ateneo agli attuali assetti.

2. Il numero minimo di afferenti ad un Dipartimento dovrebbe essere fissato, fra l’altro, per garantire la stabilità dei dipartimenti e non metterli a rischio chiusura. Allo stesso modo si potrebbe prevedere un numero massimo oltre il quale è difficile ci siano i necessari presupposti di omogeneità culturale. Se, in via del tutto ipotetica, tali numeri fossero fissati in 43 e 90, il numero dei dipartimenti potrebbe variare fra 9 e 20. Un numero alto, oltre 15, richiederebbe una impossibile suddivisione a tavolino del personale nei vari dipartimenti. In ogni caso, già la riorganizzazione in atto dimostra che, ragionevolmente, il numero degli stessi si fermerebbe a 13 con un numero medio di appartenenti di circa 65 unità.
Il meccanismo di proliferazione avrebbe così un solo reale vincolo: la validità del progetto scientifico e didattico della struttura da costituire. E’ su questo che sarebbe necessario ragionare piuttosto che su vincoli di numero che non hanno nessuna ricaduta diretta sulla qualità dell’offerta formativa e della ricerca. E’ quindi prioritario stabilire quali siano i meccanismi per il funzionamento dei dipartimenti in termini di incardinamento dei SSD e dei corsi di laurea. Eviteremmo così di escludere dalla nuova suddivisione dipartimentale, alcune realtà che, rispettando i limiti di numerosità di legge, hanno (ed hanno sempre avuto) un ruolo di eccellenza nella ricerca, nella didattica (soprattutto di base), nel trasferimento tecnologico e nel rapporto con il territorio contribuendo in modo significativo alla qualità complessiva dell’UniCal.
E’ auspicabile, quindi, lasciare che il processo riorganizzativo dell’Ateneo continui trovando i tempi ed i modi giusti, ed iniziare da subito a discutere della funzione dei dipartimenti, della loro organizzazione, delle modalità operative con cui tradurre il rapporto fra didattica e ricerca, della funzione di formazione di base ed avanzata (dalle triennali alle scuole di dottorato), dei meccanismi di afferenza dei singoli, del reclutamento e dell’avanzamento di carriera, dell’incardinamento dei SSD, dei rapporti fra dipartimenti. Solo quando saranno chiari questi elementi si potrà chiedere ai singoli l’afferenza ad una struttura di cui, oltre a condividere il progetto culturale, conosceranno regole ed organizzazione.

3. Nel paragrafo dedicato alla costituzione delle ‘strutture di raccordo’ si dovrebbe definire quali siano i compiti specifici non previsti dalla legge e su quali fondi e strutture possono contare.

Ipotesi di norma transitoria:

1. Conflitto di interessi. Nessun membro degli organi di governo attualmente in carica (Senato Accademico e Consiglio di Amministrazione) e della Commissione per la revisione dello statuto potrà far parte, in prima costituzione, dei nuovi organi di governo.

domenica 24 aprile 2011

Incartati

Il balletto delle cifre continua: quanti dipartimenti? Quanti direttori in senato accademico? Qual è il numero minimo per formare un dipartimento? A 80 giorni dall’apertura delle danze, siamo al niente di fatto. Nessuna modifica allo statuto è stata deliberata dalla commissione ed anche il processo di autoriorganizzazione interna non ha portato ad un risultato tale da sbloccare la situazione. Da un lato il Rettore ed i Presidi a voler un numero limitato di dipartimenti (10) e dall’altro la necessità di non bloccare i numeri (12? 13? 14?) per portare a termine il progetto di riorganizzazione guidato dagli attuali direttori. Questo che sembra un gioco fra opposte visioni, sta bloccando l’elaborazione delle modifiche allo statuto. Se gli interessi, legittimi o meno, che stanno alla base del contendere continueranno a ostacolare ogni avanzamento, la commissione avrà la necessità di correre ai ripari in fretta mettendo mano all’immane sequenza di norme da ridefinire (struttura e ruolo del S.A. e del C.d.A., processi decisionali, designazione/elezione degli amministratori e dei ‘senatori’, …) per sfuggire alla tagliola dell’azione dei commissari ministeriali.

Verrebbe da chiedere, come faceva Gene Gnocchi, “Cui prodest?”. Io non cedo alla facile tentazione della dietrologia e, nel caso, tengo per me le risposte alla domanda. Mi associo però a chi ora vuole ripartire con la discussione sullo statuto e lasciare che il processo di riorganizzazione abbia il suo tempo per trovare maturazione (abbiamo tempo fino a dopo la sua approvazione da parte del ministero).

Chiedo quindi ai membri della commissione di andare avanti con le altre questioni perché non credo sia un bene per l’ateneo che la commissione elabori in fretta le modifiche che l’attuale CdA deve approvare. Avverto, da consigliere, il pesante rischio di trovarmi di fronte a modifiche poco discusse e condivise o, peggio ancora, non condivisibili con l’aggravante della mancanza dei tempi supplementari. A meno che si voglia dar fondo al processo degenerativo della democrazia rappresentativa: la delega non solo ad essere rappresentati e governati ma anche a decidere.

domenica 27 marzo 2011

Una modesta proposta



Ho molto riflettuto sulla composizione del senato accademico e sui riflessi che questa avrebbe anche nella dinamica della costituzione dei ND. Partiamo con ordine: nella costituzione del Senato Accademico si dovranno rispettare alcuni principi cardine:
- il principio di rappresentanza paritaria (!) di professori, ricercatori, personale tecnico amministrativo e degli studenti;
- la presenza di tutte le aree culturali dell'ateneo (tradotta nella brutale proposta di presenza di TUTTI i direttori di dipartimento in senato);
- la sua costituzione su base elettiva. 
In massima parte questi principi sono conformi al dettato della legge che all'Art. 2 comma 1 lettera f recita: costituzione del senato accademico su base elettiva, in un numero di membri proporzionato alle dimensioni dell'ateneo e non superiore a trentacinque unita', compresi il rettore e una rappresentanza elettiva degli studenti; composizione per almeno due terzi con docenti di ruolo, almeno un terzo dei quali direttori di dipartimento, eletti in modo da rispettare le diverse aree scientifico-disciplinari dell'ateneo;

Io avanzo quindi una modesta proposta prendendo a riferimento la formulazione della composizione del senato accademico che viene fuori dal nuovo statuto della Sapienza (retta dal noto estremista Prof. Frati) depurata dalle stortura in essa contenute (riferimenti alle facoltà ecc.) ed adattata nel numero alla dimensione della nostra università:

Il Senato Accademico è composto da 22 membri:
- Rettore;
- Presidente del Collegio dei Direttori di Dipartimento; 
- 4 Direttori di dipartimento anche in rappresentanza dei professori ordinari, uno per ciascuna di 4 macroaree dei settori scientifico-disciplinari, determinate dal Senato Accademico;
- 4 professori associati rappresentanza dei professori associati, uno per ciascuna di 4 macroaree scientifico-disciplinari;
- 4 ricercatori in rappresentanza dei ricercatori, uno per ciascuna di 4 macroaree scientifico-disciplinari;
- 4 rappresentanti del personale del personale tecnico-amministrativo.
- 4 rappresentanti degli studenti. 
Al Senato Accademico partecipa il Direttore generale con diritto di parola e senza diritto di voto.

La ratio della proposta è la seguente:
1) i 12 rappresentanti dei professori e dei ricercatori sono in numero pari alle strutture dipartimentali attualmente previsti e quindi si può realizzare la condizione di presenza in consiglio di ogni dipartimento (magari garantita da norme nel regolamento elettorale).
2) la commissione ha una composizione paritetica fra le diverse fasce;
3) professori associati, ricercatori, personale tecnico amministrativo e studenti sarebbero eletti direttamente dai propri rappresentati mentre gli ordinari sarebbero scelti fra i direttori di dipartimento all'interno delle aree di riferimento sempre su base elettiva;
4) ogni area culturale dell'ateneo (Area Scientifico – Sperimentale, Area Tecnologica, Area Sociale, Area Umanistica) avrebbe rappresentanza paritaria;
5) è un organismo snello e non pletorico;
6) la quota di professori e ricercatori è di 2/3 (ovvero 14/22) di cui un terzo (ovvero 5/14) direttori di dipartimento.  

Questa proposta presuppone l'esistenza di un Collegio dei Direttori di Dipartimento che, al pari dell'attuale CoCoP, dovrebbe essere un Organo istruttorio permanente che dovrebbe esprimere parere obbligatorio al senato accademico su attività di ricerca e didattica; elaborare il piano di sviluppo triennale da sottoporre al Senato Accademico; curare la redazione e la diffusione del rapporto annuale sull'attività scientifica e didattica dell'Università; proporre al Senato Accademico e al Consiglio di Amministrazione l'adesione ed il recesso dell'Università della Calabria da Centri Interuniversitari e Consorzi; esprimere pareri sui casi controversi di afferenza di docenti e ricercatori ai Dipartimenti; individuare le aree culturali cui afferiscono i Direttori di Dipartimento che fanno parte del Senato Accademico secondo criteri che assicurino l'equilibrata rappresentanza delle diverse aree scientifico-disciplinari presenti nell'Ateneo. Il Collegio dei Direttori di Dipartimento dovrebbe essere composto dai Direttori dei Dipartimenti o da loro delegati permanenti. Il Presidente del Collegio sarebbe eletto tra i suoi membri.

domenica 20 marzo 2011

Presidio gattopardesco



Una contraddizione è molto evidente nel documento dei Presidi dell'UniCal del 14 marzo: si auspica che il processo di ri-aggregazione parta dal basso come "frutto di una convergenza tra aree, settori, studiosi, generata dal confronto autonomo tra questi" e che "occorrerà impedire che si formino aggregazioni dipartimentali prive di chiare giustificazioni culturali e/o didattiche" mentre poco sopra se ne detta il numero, 10, senza dare altra spiegazione. Due affermazioni non conciliabili: o si vuole che ci sia un processo nobile di riaggregazione sulla base di progetti culturali e didattici o si impone un risultato. Con un po' di pazienza, lasciando il tempo necessario a che il processo appena iniziato dia i suoi frutti, si potrà arrivare al giusto numero. Fra 10, numero aureo indicato dai presidi con astrattezza dirigista, e 24, numero teorico massimo di strutture attualmente attivabili, c'è un ampio margine. Voglio intendere anche i numeri che la commissione ha fornito, 12 dipartimenti con un numero medio di 70 e minimo di 60 afferenti, come una indicazione di massima, di indirizzo, quasi a seguire quello che sta avvenendo nell'ateneo.
In ogni caso, mi pare si debba il dovuto rispetto al lavoro che in questi giorni sta impegnando molti di noi proprio per mettere a fuoco quali siano le possibili sintesi fra le esigenze di didattica e ricerca che possano dar luogo ai nuovi dipartimenti. A tal proposito, nessuno si deve sentire escluso, una delega data in questi giorni equivale a fornire ad altri la possibilità di indirizzare il proprio futuro. L'area Fisica, per esempio, ha aperto un dibattito interno e deliberato di dare vita ad un tavolo di confronto pubblico che attraverso riunioni aperte tenti di trovare le possibili convergenze su una riaggregazione.
Infine, non dimentichiamo la libertà dei singoli: ognuno di noi ha scelto la propria afferenza ad un (vecchio) dipartimento all'atto della "presa di servizio" mentre l'afferenza alle (vecchie) facoltà era già determinata. Qualsiasi ipotesi di mappa dipartimentale dovrà essere portata al vaglio delle decisioni dei singoli in questa fase di transizione. Naturalmente, regole diverse determineranno le afferenze quando il tutto andrà a regime ma in questo frangente nessuno si può arrogare il diritto di decidere quale sia il nuovo dipartimento (e quindi la struttura culturale, disciplinare, didattica ed, in ultima analisi, umana) a cui ognuno di noi DOVRA' afferire.

Vorrei mettere in luce un altro punto debole del documento. Nelle battute conclusive si afferma che è "necessario che tutte le unità scientifico-didattiche di base siano rappresentate (all’interno del Senato Accademico) dai loro direttori, con voto pesato e una premialità vincolata al numero di docenti e di ricercatori che vi afferiranno (…) ". Questa premialità al quadrato favorirebbe l'affermarsi di poche grandi strutture (ex-facoltà), magari suddivise in sezioni autonome (ex-dipartimenti). Che sia questo il vero intento dei gattopardi nostrani?

Passatemi una polemica molto meno sobria di quella che hanno visto la luce nella pagina facebook Unical2020: sono molto curioso di leggere i verbali dei lavori della Commissione per la revisione dello Statuto. Ad ora (20/3 ore 18, a 4 giorni dall'ultima seduta e ben 13 dalla prima) siamo costretti a commentare sui commenti ed a lavorare sui sentito dire. Il mio sentimento è che sarò a breve indisponibile ad accettare le lentezze  mascherate da un "Disponibile a breve" nelle pagine dedicate ai documenti che dovrebbero essere immediato oggetto di discussione.

giovedì 3 marzo 2011

Trasparenze inaudite

Fra i molti punti su cui si concentra l'attenzione in questi giorni di attesa della prima seduta della commissione statuto, c'è quello della TRASPARENZA dei lavori della stessa. Abbiamo tutti ascoltato che l'impostazione del Rettore (che naturalmente non sappiamo se sarà adottata dalla commissione) è quella di portare di volta in volta in CdA e Senato Accademico gli orientamenti e le decisioni della commissione in modo che questi organi possano discuterne e fornire dei feed back alla commissione stessa. Allo stesso tempo, sempre secondo il Rettore, questo permetterebbe ad ogni consigliere e senatore di riferire ai propri rappresentati e saggiare così l'ateneo intero. 

Questo modo di procedere ha due lacune:
1) necessiterebbe di una calendarizzazione molto stretta e ben organizzata: il resoconto delle sedute della commissione dovrebbe arrivare ai componenti degli organi in modo che ognuno possa convocare un'assemblea dei rappresentati o un consiglio di facoltà e di dipartimento prima delle sedute di CdA e SA; durante le sedute di quest'ultimi, il frutto di questa consultazione dovrebbe essere sintetizzato in un documento di commento e portato all'attenzione della commissione che nel frattempo dovrebbe discutere di altro per poi tornare sulle indicazioni di CdA e SA. Insomma, sarebbe un continuo riunirsi e fare e disfare la bozza di statuto.
2)  In CdA e SA non sono rappresentati una buona fetta dei lavoratori dell'UniCal (i precari della ricerca, della didattica e dell'apparato tecnico-amministrativo) oltre che una fetta degli studenti (i dottorandi).

Io propendo per la soluzione indicata dall'assemblea dei ricercatori e declinata dal commissario Barberi in Assemblea di Ateneo con la proposta dell'apertura di un BLOG/FORUM della commissione. Lui stesso cura la pagina facebook Unical2020 che già vede una buona partecipazione. Per trovarlo cercate Unical2020 dalla vostra pagina facebook.

I sassaresi, noti estremisti e fuorilegge, hanno già predisposto e riempito un sito molto ben curato che vi invito a visitare:

http://nuovostatutouniss.blogspot.com/

che con uno slancio di fantasia potremmo copiare in nuovostatutounical. Ma c'è anche dell'altro: Michele Gianfelice mi segnala che a Torino la Rete29Aprile (se capisco bene) ha aperto una pagina facebook denominata "Tutto lo statuto minuto per minuto" e redatta "Dai nostri agenti all'interno della commissione statuto" per fornire "Informazioni di prima mano e webcronaca diretta: tutto ciò che verrà discusso all'interno della commissione incaricata di riscrivere lo Statuto dell'Università di Torino." Vedere per credere:

http://www.facebook.com/pages/Tutto-lo-statuTo-minuto-per-minuto/135051076560872?sk=wall&filter=2

I risultati sarebbero immediati:
- tutti gli interessati potrebbero trovare notizie di prima mano e "certificate";
- i singoli ed i gruppi organizzati potrebbero intervenire nella discussione semplicemente mandando una pubblica missiva alla commissione;
- la discussione in SA e CdA (ma anche quella in CoCoP ed in ogni altro organismo) sull'avanzamento dei lavori avrebbe una base documentale diffusa e differenziata su cui poggiarsi.

Un'ultima nota prima di chiudere: a Torino si sta discutendo di aggiungere degli UDITORI ai membri della commissione. Faccio una modesta proposta: chiediamo che la commissione inviti come uditori uno o più precari e dottorandi (ingiustamente esclusi nella designazione della commissione), altri associati e ricercatori (evidentemente sottorappresentati) e personale TA. 



Postato anche su 
http://groups.google.com/group/associatiunical

lunedì 28 febbraio 2011

Finalmente il Forum


In seguito ad una decisione dell'assemblea degli Associati dell'Unical tenutasi il 23 febbraio scorso, è stato creato un sito "Forum" come mezzo per veicolare, istruire e dare continuità alla discussione sui temi legati all'applicazione della legge 240/2010 ovvero alla cosiddetta "Riforma Gelmini".
Il Forum mette a disposizione una raccolta di documenti ed è aperto al contributo di tutti, Associati e non. In particolare, la sezione "discussioni" ospita un Google Group sui temi specifici al centro del dibattito aperto dalla designazione della Commissione per la Revisione dello Statuto.
L'indirizzo è
http://sites.google.com/site/associatiunical/

domenica 20 febbraio 2011

Decalogo per la revisione dello statuto

Una serie di organizzazioni a carattere nazionale di professori associati, ricercatori, precari e studenti hanno elaborato un decalogo che possa servire da riferimento per la revisione degli statuti. Riporto il documento per intero. Senza commenti.
Vi segnalo anche un articolo su Repubblica on line che fa il punto sulle iniziative si resistenza ed azione post emanazione della legge 240/2010.


ADI – Associazioni Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani
CoNPAss – Coordinamento Nazionale dei Professori Associati
CPU – Coordinamento Precari dell'Università
LINK-Coordinamento Universitario
Rete 29 Aprile


10 PUNTI PER LA REVISIONE DEGLI STATUTI

1.     Partecipazione, metodo e principi ispiratori

Tutti gli statuti dovranno essere ispirati al principio della democrazia della rappresentanza e della partecipazione.
Pensiamo che sia inaccettabile qualsiasi forma che limiti la partecipazione di tutte le componenti dell'università alla riscrittura dello statuto, rifiutiamo meccanismi di nomina, cooptazione o altro proposte dai Rettori per eleggere i membri della commissione di modifica dello statuto, inoltre riteniamo che questa commissione abbia un ruolo meramente istruttorio e non decisionale.
Le procedure per la stesura devono pertanto essere caratterizzate dalla massima trasparenza e partecipazione, tutti gli atti della commissione dovranno essere pubblici e reperibili sui siti degli atenei e dovranno essere tenute audizioni e assemblee pubbliche e aperte a tutte le componenti universitarie (studenti, dottorandi e precari inclusi) in ciascuna area o facoltà da tenersi alla presenza della commissione incaricata della stesura, dalle quali emergano le linee del nuovo statuto e nelle quali si possa poi dibattere la bozza proposta dalla commissione.
Dal metodo, da noi proposto per la riscrittura degli statuti si evince come nelle dichiarazioni sui  “Principi generali”, dovrà essere contenuto che l’Università è un’istituzione pubblica e che non persegue fini di lucro, sottolineando che nessuno dei suoi organi decisionali persegue queste finalità, e che il suo fine è quello di essere promotrice di crescita culturale attraverso lo svolgimento sinergico e inscindibile di ricerca e didattica. Va sancita la libertà di insegnamento e di ricerca, la centralità dello studente e di tutte le sue esigenze, e la pari dignità tra tutti i lavoratori all'interno degli atenei. Nessun apporto finanziario esterno può essere determinante per il funzionamento ordinario dell’Università e condizionare la libertà di ricerca e insegnamento.


2.     Democrazia partecipata

Crediamo che, malgrado l'approvazione della riforma Gelmini, oggi ci si debba porre la sfida dell'espansione dei diritti e della partecipazione democratica alle scelte operate nei propri luoghi di formazione.
Le commissioni hanno il mandato di adeguare gli statuti ai principi previsti dalla nuova legge e di conseguenza eventuali norme di democrazia, rappresentanza e partecipazione già contenute negli statuti preesistenti vanno preservate e semmai migliorate.
È evidente da parte del ministro Gelmini la volontà di spostare la maggior parte del potere decisionale nelle mani dei rettori, di pochi Baroni e di enti esterni all'università.
Risulta necessaria una mobilitazione che vada nella direzione di aumentare la qualità della partecipazione di tutte le componenti degli atenei nelle scelte che li riguardano, sia garantendo forme di democrazia diretta, sia provando a legare la rappresentanza a questi strumenti.
I nuovi statuti dovranno garantire che tutte le decisioni prese all'interno degli organi siano assunte nella massima trasparenza. Le sedute del Senato e del CdA devono essere pubbliche, laddove possibile anche in via telematica, e per tutti gli organi deve essere garantita la pubblicità, la tempestiva diffusione e reperibilità degli atti e dei verbali.
Inoltre dovranno essere previsti all'interno dei nuovi statuti strumenti e di forme di partecipazione  come referendum consultivi, abrogativi, confermativi; delibere di iniziativa popolare, meccanismi di iniziativa studentesca; assemblea di facoltà, aperte a tutte le componenti, con scadenza regolare e sospensione della didattica; progettazione partecipata nel campo dell’edilizia. Gli atenei avranno l'obbligo di redigere un bilancio sociale (rendicontazione partecipata volta a informare tutta la comunità e i suoi interlocutori sulle scelte operate, le attività svolte e i servizi resi).
All’interno di ogni organo accademico dovrà essere garantita la presenza di una rappresentanza di ogni componente. In particolare relativamente agli studenti, si deve tenere presente il vincolo del 15% come presenza minima della rappresentanza come previsto dall'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 21 aprile 1995, n.120.


3.     Elezione del Rettore

L'elettorato attivo per la carica di Rettore costituito da tutti i professori ordinari, professori associati, ricercatori a tempo indeterminato e a tempo determinato e personale equiparato, dai precari della ricerca. Inoltre deve essere previsto un voto ponderato, nella misura più ampia possibile, degli studenti, dei dottorandi, degli specializzandi e del personale tecnico-amministrativo. Il peso degli studenti deve raggiungere  almeno quel 15% in rapporto al personale docente che è la quota studentesca in ogni organo. L'elettorato passivo deve essere limitato ai professori dell'ateneo.


4.     Senato Accademico

Richiediamo che il Senato Accademico sia integralmente elettivo e che sia garantita pari rappresentanza ai professori ordinari, professori associati e ricercatori a tempo indeterminato e determinato, nella misura massima consentita dalla legge.
Il numero dei direttori di dipartimento dovrà essere limitato al minimo previsto dalla legge
Nessun rappresentante di enti esterni all'università dovrà essere presente all'interno del Senato Accademico.
A tutto il corpo docente, senza distinzione di fascia, compresi i ricercatori a tempo indeterminato e determinato, deve essere garantito l'elettorato attivo e passivo.
Inoltre devono essere previste una rappresentanza dei ricercatori precari, dei tecnici amministrativi e dei lavoratori esternalizzati nella misura più ampia possibile a seguito delle limitazioni previste dalla legge; una rappresentanza degli studenti non inferiore al 15%, come previsto dall'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 21 aprile 1995, n.120; una rappresentanza specifica dei dottorandi e degli specializzandi non a scapito delle altre categorie.
Il Senato Accademico dovrà mantenere nella misura maggiore possibile tutti i poteri di scelta politica. In particolare si deve prevedere che il SA deliberi su qualsiasi proposta in merito alla didattica, alla ricerca e ai servizi agli studenti, dando almeno parere obbligatorio al CdA.


5.     Consiglio di Amministrazione

Riteniamo sia importante limitare il numero dei membri esterni all'interno del CdA al minimo legale, previsto dalla legge Gelmini (tre se il CdA è di undici, due se inferiore).
In particolare va richiesta l'elezione dal basso, dallo stesso collegio elettorale proposto per il rettore, dei membri interni ed esterni, che dovranno rispondere del loro programma alla comunità universitaria e non a interessi esterni all'ateneo.
I candidati interni ed esterni al carica di componenti del CdA dovranno essere scelti all'interno di un'unica lista di nomi. I membri interni sono da scegliersi all'interno del personale di ruolo.
Almeno un membro esterno del CdA (non appartenente ai ruoli dell'ateneo) dovrà essere scelto nell’ambito del personale non strutturato dell’ateneo.
Inoltre all'interno del CdA dovrà essere garantita una rappresentanza degli studenti “in misura non inferiore al 15%”, quindi almeno due studenti all'interno dei CdA.
I membri esterni del CdA  non dovranno essere enti privati o fondazioni a scopo di lucro e, in ogni caso, non dovranno avere alcuna relazione di interesse economico con l'università.
La partecipazione agli organi esecutivi di governo universitario o agli organi di gestione dei centri di spesa universitari integra il requisito della «comprovata competenza in campo gestionale ovvero di un'esperienza professionale di alto livello con una necessaria attenzione alla qualificazione scientifica culturale» ai fini della loro eleggibilità nei consigli di amministrazione secondo la legge.
L'attività del CdA dovrà limitarsi, alla contabilità, all'indirizzo economico e alla formulazione di proposte economiche e gestionali, evitando che acquisti troppi poteri di indirizzo politico. Eventuali atti difformi dai pareri obbligatori del Senato Accademico dovranno essere motivati secondo specifiche procedure e criteri.


6.     Statuto dei diritti degli studenti e dei dottorandi

Proponiamo l'adozione in tutti gli atenei dello Statuto dei diritti e dei doveri degli studenti e dei dottorandi.
In un contesto di cambiamento dell'istituzione universitaria, della sua organizzazione e del suo funzionamento, è fondamentale garantire che siano rispettati i diritti fondamentali degli studenti, per quanto riguarda la didattica, la valutazione, la contribuzione studentesca, l'accesso ai servizi, ecc. Di pari passo vanno tutelati i diritti dei dottorandi, cercando di comprendere meglio la natura ibrida della loro figura: contemporaneamente di ricercatore in formazione e di studente.
Questi diritti vanno sanciti ufficialmente da un apposito documento, con valore cogente a tutti i livelli dell'ateneo.
Di pari importanza è l'adozione da parte di tutti gli atenei della Carta europea della ricerca, allo scopo di garantire che i rapporti tra i ricercatori e di datori di lavoro favoriscano la produzione e la diffusione delle conoscenze e che tali rapporti siano allo stesso tempo volti allo sviluppo professionale e alla carriera dei ricercatori.


7.     Regolamenti di ateneo

Definizione, per la stesura dei regolamenti, di una o più commissioni designate dal senato accademico e rappresentative di tutte le componenti. Previsione che ciascuna commissione, nell’ambito dell’attività istruttoria, debba svolgere audizioni con associazioni e organizzazioni sindacali. L’insieme di queste previsioni potrà essere garantita nello statuto stesso in una norma transitoria. Inoltre nello statuto si potranno indicare alcuni principi e criteri generali per la definizione di questi regolamenti, tali da garantire procedure di valutazione comparativa e di attribuzione degli scatti stipendiali omogenee in tutte le università statali.
Previsione di un piano di programmazione e sviluppo pluriennale (su base quinque-decennale) in materia di didattica e ricerca come base per l’offerta formativa. Lo stesso piano costituirà, insieme con la ricognizione delle strutture e del personale esistente, il fondamento per la definizione di numero e tipologia di strutture di primo e secondo livello (dipartimenti, scuole, corsi di laurea).
Inoltre i regolamenti di ateneo che disciplineranno le procedure per gli assegni di ricerca (articolo 22, comma 4), i contratti per attività di insegnamento (articolo 23, comma 2) e i contratti da ricercatore a tempo determinato (articolo 24, comma 2) dovranno essere preparati da queste apposite commissioni che includano anche rappresentanze di lavoratori precari e dovranno assicurare il rispetto dei principi di trasparenza concorsuale e la massima pubblicità dei bandi, da pubblicare sul sito dell’ateneo e nel maggior numero possibile di siti istituzionali. A tal proposito, è auspicabile che il MIUR si impegni a costituire un portale nazionale che raccolga tutti i bandi, comprendendo anche quelli per assegni di ricerca e per contratti di insegnamento.


8.     Strutture di raccordo (facoltà/scuole)

Attribuzione alle strutture di cui all’art. 2 comma 2 lettera c, qualora esistenti, delle competenze previste dalla legge (funzioni di coordinamento didattico e di gestione dei servizi comuni a più dipartimenti), nonché della programmazione dell'offerta formativa, ma non del reclutamento; è necessario definire che nell'organo deliberante delle strutture di raccordo vi sia una rappresentanza elettiva, scelta “tra i componenti delle giunte dei dipartimenti, ovvero tra i coordinatori di corsi di studio o di dottorato ovvero tra i responsabili delle attività assistenziali di competenza della struttura”, non inferiore al 10% dei componenti dei consigli dei dipartimenti (previsto come tetto massimo dalla legge).


9.     Composizione e funzioni dei dipartimenti.

Consiglio di dipartimento costituito da tutti i docenti (PO, PA, RTI e RTD) e da un'adeguata rappresentanza dei precari, dei TA, dei dottorandi e degli studenti. Deve essere stabilito l’elettorato attivo e passivo dei ricercatori nelle giunte di dipartimento. Attribuzione ai dipartimenti (non alle eventuali strutture di raccordo di cui all’art. 2 comma 2 lettera c) della competenza a formulare al CdA e al senato accademico proposte in materia di programmazione e della competenza a deliberare sulle chiamate di professori e ricercatori. Approvazione delle richieste di posti per la programmazione da parte del consiglio di dipartimento in seduta plenaria.


10.  Contratti, diritti, reclutamento e progressioni dei lavoratori precari

I lavoratori precari con qualsivoglia tipo di contratto devono vedersi riconosciuti gli stessi diritti dei lavoratori strutturati dell’ateneo (asili nido, mense, parcheggi, rimborsi spese, partecipazione a bandi per fondi di ricerca d’ateneo…); in quest’ottica chiediamo che negli statuti vengano esplicitamente introdotti degli standard minimi che sanciscano diritti e tutele di cui ciascun lavoratore dell’ateneo, precario e non, deve necessariamente usufruire e si preveda la definizione di una retribuzione minima al di sotto della quale nessun rapporto di lavoro, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, possa in alcun modo scendere.
Ogni anno il numero di contratti da ricercatore a tempo determinato ex articolo 24, comma 3, lettera b), dell’ultima legge di riforma in essere nell’ateneo non dovrà essere inferiore al numero di contratti da ricercatore a tempo determinato ex articolo 24, comma 3, lettera a) in essere. Ciò al fine di evitare che i contratti ex-lettera a) finiscano per configurarsi come l’ennesima forma di contratto precario privo di sbocchi realistici nel sistema accademico italiano e siano invece legati ad un’effettiva possibilità di partecipazione ai contratti ex-lettera b), cd. “tenure track”.
Riteniamo che dopo un periodo transitorio di 2 anni e di concerto con le rappresentanze sindacali di ateneo, si debbano porre in essere meccanismi di verifica dell’attuazione letterale dell’articolo 18, comma 5, della legge di riforma, ponendo fine al ricorso, per lo svolgimento di attività di ricerca all’interno dell’ateneo, a contratti precari diversi da quelli da ricercatori a tempo determinato (articolo 24 della legge) e dagli assegni di ricerca (articolo 22). In particolare, deve essere vietato qualsiasi ricorso a prestazioni di lavoro gratuite (si veda articolo 23 per le docenze a contratto). È doveroso estirpare la giungla di contratti precari, privi di tutele, diritti e realistiche prospettive di sbocco, attraverso un percorso graduale e concertato, anche al fine di non trasformare l’operazione in un’immediata e colossale opera di licenziamento di migliaia di lavoratori privi di fonti di reddito alternative.
Assolutamente necessario è un censimento delle figure lavorative precarie della ricerca. un elenco di tutto il personale non strutturato delle università deve essere presente a livello di ateneo, pubblico e consultabile su internet.

mercoledì 16 febbraio 2011

Art. 23 Merito e censo

La legge 240 è una miniera d'assurdità. Ma, al contrario che nella vita comune, l'assurdo è legge.
Chi insegnerà nella nostra università? Pietro Greco punta il faro su quest'aspetto su l'Unità dimostrando che solo i "ricchi" signori potranno avere conferito un incarico di insegnamento. Il censo diventa per legge requisito di merito per trasmettere cultura, credo sia un unicum nella nostra legislazione nazionale. Il Coordinamento Precari Università (CPU) ha qui chiarito meglio la situazione: restano i contratti di insegnamento come quelli attuali (e non si potranno dare a titolo gratuito) mentre quelli di "alta qualificazione" hanno il requisito aggiuntivo del censo. Insomma non si può essere "altamente qualificato" se non si ha un buon reddito! Evviva!

Un'altra assurdità riguarda gli assegni di ricerca: il conferimento di nuovi assegni ed il rinnovo/proroga dei vecchi è al momento bloccato. E non si sa per quanto. La famigerata legge, all'art. 22 comma 7, prevede che: "L'importo  degli  assegni  di  cui  al  presente  articolo è determinato dal soggetto che intende conferire gli assegni  medesimi, sulla base di un importo minimo stabilito con decreto del Ministro.". Peccato che del Decreto non ci sia nemmeno l'ombra. Tutto bloccato: dopo il decreto, l'Università dovrà adottare un proprio regolamento e questo dovrà essere approvato dal Senato Accademico (quale? il nuovo, dopo l'approvazione dello statuto da parte del ministero! Campa cavallo!). La nostra amministrazione sta cercando di mettere una pezza... ma quanti altri rattoppi saranno necessari?
A proposito si può leggere la posizione della FLC CGIL.

sabato 12 febbraio 2011

Senza (ulteriori) parole

Dall'ultimo numero de l'Espresso on line

venerdì 4 febbraio 2011

Amaramente

Vi ripropongo il mio intervento al CdA che si è occupato della designazione della Commissione per lo Statuto. I fatti li conoscete e sono pronto a discuterli con chi ne ha voglia e trarre le dovute conseguenze, in ogni momento. Non vi nascondo la mia profonda frustrazione.

Intervento iniziale alla seduta del CdA del 2.2.2011

Cari colleghi, 
sono al tempo stesso spaventato e stimolato dal compito a cui siamo chiamati. Con l’entrata in vigore dell’osteggiata legge 240/2010, parte un forzato iter di riscrittura del nostro Statuto e, successivamente, dei regolamenti. La legge, infatti, ci impone nuove strutture organizzative e di gestione lasciando a noi il compito su come meglio adattare i dettami legislativi al nostro caso. 
Siamo quindi difronte alla necessità di rivisitare il nostro Statuto, risultato di anni di lavoro, in soli 6 mesi. Il compito è immane se vogliamo mettere mano in maniera armonica e trasparente alle regole dell’autogoverno, disegnando un’equilibrata suddivisione dei compiti con i necessari contrappesi. Il discorso si allarga necessariamente a come salvaguardare e far avanzare le conquiste di democrazia interna e partecipazione che hanno visto questo Ateneo all’avanguardia fin dalla sua istituzione così come il modello di campus che abbiamo con molta fatica costruito.  
Punti altrettanto cruciali sono il dover ridisegnare le regole per la costituzione e l’azione didattica e di ricerca dei dipartimenti, costruire un modello di coordinamento per la didattica, stabilire quali siano i luoghi della rappresentanza e chi vi prende parte. 
Senza voler anticipare il mio pensiero in merito, ritengo che questa sia una sfida da cogliere per far avanzare, nei limiti imposti dalla legge 240, il nostro peculiare modello di Università trovando, laddove è necessario, le forme opportune per non rinunciare ad esso.
Come primo compito, oggi iniziamo con l’iter che porterà alla costituzione della commissione che a norma dell’art.2 comma 5, dovrà redigere una bozza che il senato accademico approverà dopo che il CdA avrà fornito il suo parere favorevole. 
Molti organi dell’UniCal, coordinamenti ed assemblee si sono espressi in merito e da questi pronunciamenti emergono significativi tratti di univocità delle richieste. Sulla base dei documenti approvati, si può affermare, senza tema di smentita, che una grande maggioranza degli universitari concordi sui seguenti punti qualificanti:
1. ampia consultazione dell’intero Corpo Accademico sulle line guida per la definizione della composizione della commissione e del suo successivo lavoro;
2. necessità di identificare in via preliminare obiettivi, criteri ed orientamenti generali che devono ispirare la stesura del nuovo statuto;
3. definire i meccanismi di trasparenza e “ascolto” delle diverse componenti dell’ateneo durante i lavori di stesura della bozza.
4. necessità di salvaguardare un equilibrato apporto di tutte le componenti e delle aree disciplinari alla composizione della commissione.


Ci si pongono quindi i classici interrogativi: “Chi ?”, “Cosa ?” e “Come ?” 


Chi. A mio parere, la condivisibile richiesta di equilibrio nella composizione si dovrebbe estendere alla necessità di affiancare ai portatori di esperienza anche chi difetta in essa ma è portatore di nuove idee. Non credo sia una questione anagrafica e non sono così drastico da chiedere che non debba far parte della commissione chi andrà in pensione nei prossimi cinque anni, ma non reputo sostenibile l’esclusione da questo lavoro di chi nella nostra università ripone le sue attese di una futura piena valorizzazione della sua attività di ricerca e didattica.* 
E’ quindi il caso di mettere in moto un meccanismo di indicazione delle candidature a far parte della commissione che attraverso la più ampia consultazione, permetta di formare una rosa di nomi di persone di alto profilo fra cui il nostro consiglio scelga a scrutinio segreto i membri della commissione. Era auspicabile che questa avvenisse  in seduta comune con il Senato Accademico ma stamattina quest’ultimo ha deciso autonomamente e legittimamente di metterci davanti al fatto compiuto della designazione di metà della commissione senza un preventivo scambio di opinioni su obiettivi e metodologie. Circa la ripartizione fra le componenti (anche se non trovo quella corporativa la maniera ottimale di procedere) un’ipotesi equilibrata dovrebbe prevedere una equipartizione fra ordinari, associati e ricercatori (al pari di quanto avvenuto con la applicazione della legge 168/89) riconoscendo, inoltre, la “necessità della” ed il “diritto alla” partecipazione dei ricercatori precari (ricercatori TD, contrattisti ed assegnisti) e del personale tecnico amministrativo.


Cosa. Il mandato da fornire alla commissione è necessariamente ampio. 
La costituzione dei nuovi dipartimenti, per prima cosa, non sarà semplice da normare: si dovrà rivedere il meccanismo di aggregazione degli stessi che, con la 382/80 avveniva su basi volontarie dal basso. La scelta se delineare dipartimenti tematici o disciplinari o, ancora, mega-dipartimenti non è un neutrale argomento tecnico: la nuova Unical ne sarà fortemente condizionata, soprattutto per l’erogazione della didattica, per il reclutamento e la valutazione. 
Altrettanto importanti sono le scelte sulla struttura dei coordinamenti ed il loro effettivo peso: si va dalla possibilità di coordinamenti leggeri (al limite uno soltanto per tutto l’ateneo) all’estremo opposto in cui si vorrebbe riproporre le attuali facoltà. 
Molte preoccupazioni sono rivolte alla riscrittura delle regole per garantire la democrazia interna e la partecipazione. La legge non mette limiti molto stretti e noi possiamo agire per garantire un ampio diritto a sapere e partecipare. Saremo quindi di fronte alla scrittura di regole e, necessariamente, di contrappesi in modo che non si verifichi nessuna deriva dirigista e accentratrice.
Infine, il nostro peculiare sistema campus dovrà essere rivisto nella sua gestione ed operatività in modo da mantenerlo e rafforzarlo. 


Come. Ritengo necessario e, perfino, imprescindibile non dare una delega in bianco alla commissione ma fornire linee guida sugli argomenti prioritari. E questo, oltre che per un corretto rapporto fra organi, anche per una ragione molto pratica: il risultato dei lavori della commissione stessa dovrà essere condiviso dalla comunità accademica ed approvato da CdA e SA. 
Ancor più, sarà necessario che i lavori della commissione avvengano in modo trasparente in stretto contatto con gli organismi che la designeranno e con l’ateneo tutto. Non ci troveremo così, nell’imminenza della scadenza, con un documento sconosciuto da approvare pena l’arrivo di una commissione ministeriale.
Sarebbe fortemente auspicabile che accanto ad una serie di appuntamenti da calendarizzare fra Commissione Statuto e Senato Accademico Integrato, vi siano dei momenti di riflessione collettiva su temi fondanti: sistema campus; diritto allo studio; struttura dipartimentale; struttura dell’offerta didattica; … , in modo che la pratica dell’”ascolto” da parte della commissione trovi concreta attuazione.

* A questo proposito ho avuto modo di aggiungere in un successivo intervento:
Ritengo che la partecipazione alla commissione di un rappresentante dei ricercatori precari, parte essenziale del personale accademico, sia necessario. La loro esperienza (spesso lunga ed articolata essendo la loro età accademica estesa anche fino a 20 anni) contribuisce con un punto di vista peculiare ed essenziale: la struttura in tutte le sue articolazioni vista dal basso.

lunedì 31 gennaio 2011

Deliberatamente


Confesso che sono al tempo stesso spaventato e stimolato dal compito a cui siamo chiamati. Con l’entrata in vigore dell’osteggiata legge 240/2010, parte un forzato iter di riscrittura del nostro Statuto e dei regolamenti. La legge, infatti, ci impone nuove strutture organizzative e di gestione lasciando a noi il compito su come meglio adattare i dettami legislativi al nostro caso.
Intanto continuo a raccogliere documenti e delibere che danno voce al nostro ateneo. Mi pare che ci sia la giusta consapevolezza del momento... speriamo bene.
Ecco i documenti che mancavano in "Aftermath".


venerdì 28 gennaio 2011

Lo Statuto e la FLC CGIL

Roma, 24 gennaio 2011 Prot. n. 22/2011 DP/fs-ab

Ai Magnifici Rettori
Loro Sedi

Magnifico Rettore,
con l’approvazione della Legge Gelmini prende avvio la difficile fase di ridisegno degli statuti degli Atenei in un contesto di crescente riduzione dei finanziamenti. La ripartizione del FFO, con oltre un anno di ritardo, ha evidenziato la perdita di risorse per l’intero sistema universitario di un ulteriore 4%. Restano, peraltro, confermati i tagli previsti per il prossimo triennio dalla Legge 221/2010.
La FLC CGIL, fin da subito, ha contrastato l’insieme dei provvedimenti che il governo ha adottato per minare l’autonomia, la qualità e la dimensione pubblica del sistema universitario italiano.
Tuttavia, la definizione dei nuovi statuti rappresenta un passaggio delicato e importante, che deve essere inteso come un effettivo momento fondativo, capace di ravvivare gli strumenti di autogoverno della comunità universitaria e consolidarne il carattere democratico. E’ proprio questa, a nostro parere, la sfida che ci consegna il drammatico contesto nel quale gli Atenei sono costretti a rivedere i propri statuti: fare di questo passaggio, a dispetto dello spirito della Legge, una opportunità di rinnovamento, di qualificazione e di riforma democratica del sistema. I movimenti di questi mesi, animati in particolare dagli studenti e dai ricercatori ma in grado di coinvolgere tutte le componenti dell’università, hanno promosso ipotesi alternative di riforma fondate su una dimensione democratica partecipativa e pubblica degli Atenei.
A quello straordinario patrimonio di idee, di proposte e di istanze di autogoverno si dovrà dare piena cittadinanza.
Per questa ragione noi auspichiamo che il processo di definizione dei nuovi statuti si sviluppi con trasparenza, con forme appropriate di partecipazione e che, pertanto, le modifiche agli statuti siano l’espressione della convinta adesione della maggioranza delle diverse componenti ad un progetto “culturale“ che caratterizzi le università nella loro piena e più vera autonomia.
Fin dalla composizione delle commissioni “statuto”, alle quali verrà demandato l’onere di definire i molteplici regolamenti di Ateneo previsti dalla Legge, crediamo sia indispensabile dare uno spazio adeguato a tutte le componenti universitarie, così da renderle egualmente partecipi. In questo modo potranno dare il loro contributo, oltre ai docenti, i ricercatori strutturati e precari, gli studenti che in questi mesi hanno condotto una importante lotta a difesa dell’Università pubblica, il personale contrattualizzato che regge in maniera decisiva le molteplici attività degli Atenei. Per questa ragione la composizione delle commissioni dovrebbe avere modalità elettiva.
La FLC CGIL è determinata ad offrire un contributo positivo nello sforzo di riorganizzazione del sistema universitario italiano, svilito e messo sotto scacco da politiche scellerate. Con altrettanta decisione proseguirà, con ancora maggiore forza nel paese e negli Atenei, il contrasto ai provvedimenti del governo e alle logiche che esso vorrebbe imporre, impegnandosi a tutela e garanzia della dimensione pubblica del sistema universitario, al fianco di tutti coloro che, ricercatori, studenti, precari, docenti, personale contrattualizzato, semplici cittadini, ne hanno a cuore le sorti.
Riteniamo pertanto importante avviare subito il confronto sulle nostre richieste affinché si possano evitare decisioni unilaterali che finirebbero per mortificare ulteriormente il profilo democratico degli Atenei seriamente compromesso da una riforma burocratica e autoritaria.
Distinti saluti.

Il Segretario Generale FLC CGIL
Domenico Pantaleo

sabato 22 gennaio 2011

Aftermath



Siamo al day after. C'è una grande tensione nell'UniCal in seguito alla pubblicazione della cosiddetta legge Gelmini (legge n. 240/2010) nella Gazzetta Ufficiale del n. 10 del 14/01/2011, che entrerà in vigore a partire dal 29/01/2011.
Si stanno moltiplicando le prese di posizione di organismi, assemblee ed organizzazioni che in maniera trasversale mostrano una incoraggiante voglia di partecipazione alla riscrittura dello statuto a cui siamo chiamati a partire dal prossimo mese.
Credo sia utile a tutti avere, per completezza di informazione, una visione dei documenti che finora sono stati approvati sull'argomento. Vi spedisco quindi una collezione di quelli di cui sono in possesso fino al momento. Mi è stato riferito che un documento è stato anche preparato dalle organizzazioni sindacali ma non ne ho copia.


Petizione ricercatori
Documento precari
Mozione CdF Scienze Politiche
Delibera CdF Economia
Mozione CdDip Fisica
Documento CoCoP

Analoghe istanze vengono presentate congiuntamente in queste ore in tutti gli Atenei italiani. Alcune le potete trovare sui siti della Rete 29 aprile e dal Coordinamento nazionale dei Professori associati.
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